Ogni scrittore vive in una palude di luoghi comuni, una sabbia mobile di domande da cui difficilmente uscirà vivo, se sincero sicuramente non simpatico. Ecco un piccolo manuale su cosa sapere cosa non chiedere e cosa rispondere, all'evenienza, frutto di anni di esperienza e sopportazione. Quindi, lettori o scrittori, fatene buon uso.
CHE GENERE? È la domanda di rito appena sanno che sei uno scrittore. È un effetto della cattiva scolarizzazione, perché si finiscono le scuole dell'obbligo con l'idea che ogni romanzo appartenga un genere, mentre quando c'è un genere (giallo, rosa, thriller, ecc..) non è letteratura ma appunto un romanzo di genere (un tempo si chiamava «paraletteratura»). Non siete convinti? Esempio pratico: a che genere appartengono le opere di Flaubert, Proust, Joyce, Kafka, Dostoevskij?
DI CHE PARLA? Un romanzo non parla, ma vaglielo a spiegare. Si potrebbe rispondere come Alberto Burri quando gli chiedevano di spiegare i suoi quadri: «Se avessi potuto spiegarli, non li avrei fatti». Ineccepibile, ma lascerete l'interlocutore insoddisfatto, oltre a apparire terribilmente snob. D'altra parte non esistono domande alternative e la risposta dello scrittore farà sembrare qualsiasi opera una stronzata. Incontrate Gadda e gli chiedete: «Di che parla questo Pasticciaccio?». «Viene uccisa una donna a Via Merulana, c'è un investigatore napoletano che indaga, alla fine non scopre il colpevole perché la realtà è tutta un casino». A Manzoni peggio ancora: «Due contadinotti cercano di sposarsi ma si mette in mezzo un signorotto prepotente. Alla fine si sposano. Lei è pure racchia».
DOVE LO PRESENTI? È la domanda di rito appena sanno che sta per uscire il tuo nuovo libro, se dici che non lo presenti perché si presenta da solo, come rispondo sempre io, ci restano male e sembri uno stronzo. Anche perché venire a presentazione è sempre meglio che doversi leggere il libro. Altri ci vanno perché sperano ci sia da mangiare, in provincia perché è come andare a teatro ma gratis. Dal punto di vista degli autori molti scrivono libri solo per presentarli, stare dietro una cattedra e parlare a un uditorio convenuto lì per far piacere all'autore. Non so quante presentazioni si facciano in Italia ogni giorno, infinite a giudicare dagli inviti che ricevo. È la nostalgia del Maurizio Costanzo Show e il complesso del docente mancato, e la riprova dell'aforisma di Oscar Wilde: «Quelli che non sono stati capaci di imparare si sono messi a insegnare».
IL PROSSIMO Hai appena detto che uscirà tra un mese l'opera che ti è costata due anni di vita e ti chiedono: «Stai già scrivendo il prossimo?». Se sì, ti chiedono di cosa parla. Sono come quelli che appena è uscito l'iPhone 5 vogliono sapere com'è l'iPhone 6, perché compreranno quello.
LA DEDICA Tizio: «Fammi una dedica speciale». Io ho risolto così: «A Tizio, una dedica speciale».
UNA COPIA «Me ne dài una copia?». Credono che tu abbia la casa piena dei tuoi libri. È anche l'abitudine statistica, in un Paese in cui tutti scrivono e nessuno legge, a incontrare prevalentemente gente che si autostampa i libri e non aspetta altro che vendertene una copia. Se non la vuoi comprare, te la regalano. Se non la vuoi neppure regalata, sono disposti a pagarti.
L'ISPIRAZIONE È un mito romantico, e in genere è rimasta ai poeti, cioè a nessuno, mentre gli scrittori scrivono e basta. Comunque sia: «Dove la trovi l'ispirazione?». Siccome è come chiedere a un pornoattore dove la trova l'erezione, alla fine ho trovato una risposta giusta: «Su Youporn».
LA PREFAZIONE Una volta era d'obbligo, adesso è rimasta come usanza solo tra gli autori sfigati di provincia, dove c'è sempre un Professor Tal dei Tali che scrive tre o quattro cartelle per legittimare l'autore sconosciuto e affermare che in realtà è conosciuto, per lo meno lo conosce il prefatore, in genere più sconosciuto ancora.
IL FILM «Potrebbero farne un film?». Il ragionamento è che se è un bel romanzo sarà anche un bel film, quando è esattamente il contrario: dal Don Chisciotte alla Recherche, dal Tristram Shandy all'Ulisse, da nessun capolavoro è mai stato fatto un grande film. Tuttavia il luogo comune ha prodotto il successo di nuovo genere: il romanzo tratto dal film.
LA VITA DA ROMANZO «Ah, sapessi, se ti raccontassi la mia vita altro che romanzo!». Sappiate che della vita vissuta letterariamente non frega niente a nessuno, tantomeno a uno scrittore che le vite se le crea.
Le vite da romanzo sono scritte da chi non le ha mai avute, e sono solo nei romanzi. Infatti i peggiori scrittori sono quelli che vivono troppo. Se foste stati Edmond Dantès, non avreste mai scritto Il conte di Montecristo, né sareste andati in giro a dire di aver vissuto una vita da romanzo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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