Il «day after» alla Regione tra sorrisi e battute «E adesso che succederà?»

Il «day after» alla Regione tra sorrisi e battute «E adesso che succederà?»

(...)nel cortile. Non parlano d'altro. «Che succederà adesso», è la domanda ricorrente, masticata con un panino o sorseggiata con una bibita e un caffè.
L’atmosfera non è rilassata, la tensione crea uno strano ibrido con la curiosità, che non la attenua, anzi la amplifica: lo si percepisce mentre da via Genocchi ci si avvicina alla guardiola per prelevare il pass d'ingresso. «80mila euro ti dico, li ha pagati lui», urla un dirigente abbastanza noto in impermeabile, mentre si allontana sotto la pioggia e serve un antipasto involontario del clima interno. «Era un trans, sì sì proprio un trans», sghignazza poco lontano un operaio trascinando un carrello di scatoloni. La palazzina B, quella da cui entriamo, è così: umorale, spontanea, addirittura popolare. Così estranea ai rigidi protocolli della sorella maggiore, la A, dove c’è la sala della giunta e, al secondo piano, la presidenza, il regno di Marrazzo. I commenti sono sguaiati, provocatori, nemmeno un po’ pettinati con la prudenza, il riserbo. «Si deve dimettere», dice una ragazza dentro il bar al piano terra, trovando cenni d’approvazione nel suo gruppo di colleghi. «Noi poveracci paghiamo le tasse e loro si divertono», si sente dire sulle scale da una voce che si allontana raschiando il fondo del barile del senso comune.
Camicie e maglioni lasciano il posto a giacche e cravatte, sorrisi stentati e abbastanza artefatti nella palazzina A della ex megaditta del primo Fantozzi, oggi sede madre del governo regionale. Marrazzo non c’è, è prima a Frosinone e poi a Palazzo Chigi, il suo staff tiene la bocca cucita con cortesia, limitandosi a comunicazioni di servizio. «Ha rispettato l’agenda», ci dicono. Notiamo che in un incontro in sala Aniene dalle 14 alle 17 è indicata la sua presenza, ma le porte d’ingresso, alle 14.40, sono sbarrate. «Non era prevista invece», smentiscono. Si è appena conclusa una conferenza con l'assessore Nieri, ma all’uscita quasi tutti si sforzano per evitare l’argomento. Torna utile un giro sull’altro lato del corridoio a cerchio, al caro vecchio bar dove il protocollo si spegne, la lingua si scioglie e quello che veramente preme torna a galla: «È una brutta storia, finirà male», sentiamo dire durante la fila.

Ed è al secondo piano, quello che conta, che non si fa molta strada: due addette alla sicurezza vigilano per evitare che qualche sbadato finisca dove è meglio non disturbare, dove di tensione, ieri, ce n’era già troppa.

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