Roma - Fra le decisioni della Corte costituzionale più contestate senza dubbio c’è quella sui referendum abrogativi. Al di là del limite previsto dalla Costituzione stessa (articolo 75: “Non è ammesso il referendum per le leggi tributarie e di bilancio, di amnistia e di indulto, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali”), la Consulta ha dichiarato inammissibili decine e decine di quesiti (quarantotto dal 1977 al 2004), con motivazioni duramente contestate dai promotori dei referendum. Celebre è il caso del 1978, quando la Corte bocciò 4 referendum su otto: quello sull'abolizione del Concordato tra Stato italiano e Vaticano, quello sulle parti del Codice Rocco, e i due per l'abolizione dei Tribunali militari. Il Partito radicale, promotore di quei referendum, parlò di “giurisprudenza anti-referendum ed anti Costituzione della Consulta”.
Nel 2000 i Radicali presentarono 20 quesiti referendari, raccogliendo in tutto oltre 16 milioni di firme dei cittadini. Ma anche in quel caso la Corte li ridusse drasticamente, ammettendone solo sette.
Questi gli argomenti trattati dai quesiti bocciati: lavoro a tempo determinato; eliminazione trattenute automatiche associative e sindacali; abolizione del monopolio statale sul collocamento al lavoro; part time; lavoro a domicilio; abolizione sostituto d'imposta; smilitarizzazione della Guardia di finanza; aumento dell'età pensionabile; abolizione del servizio sanitario nazionale; abolizione del monopolio statale Inail; introduzione della responsabilità civile dei magistrati; abolizione della carcerazione preventiva; termini ordinatori e perentori; abolizione dei patronati sindacali.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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