La destra è al governo da quasi vent'anni Ma la sua cultura resta ancora all’opposizione

Dopo quasi vent’anni al potere, sembra di essere ancora negli anni '70. Non è (solo) colpa della sinistra. L'antifascismo è diventato antiberlusconismo: restano i vecchi tabù. Poco è stato creato dal 1994 a oggi: si socilla tra indifferenza e sindrome di Stoccolma

La destra è al governo da quasi vent'anni  
Ma la sua cultura resta ancora all’opposizione

Ci hanno insegnato che il tempo è una freccia, che procede sempre in avanti verso un radioso avvenire. Falso. Il tempo è circolare, torna su se stesso, è l’eterno ritorno del già detto, del già fatto, del sempre uguale, è quel passato che non passa mai.
Stanno ritornando gli anni Settanta per il clima ideologico e politico fazioso e intollerante. È inquietante ma è così. Chi ha vissuto quel periodo ne riconoscerà tutti i sintomi, anni in cui essere «di destra» era una colpa e ti imprimeva addosso uno stigma negativo per cui venivi emarginato, non potevi parlare in pubblico, e se scrivevi su giornali «di destra» eri guardato male. Ma quelli, si dirà, erano gli anni peggiori della cosiddetta contestazione, erano gli «anni di piombo», gli anni del «conflitto a bassa intensità»...
Ora però quel disgraziato e sanguinoso periodo è da quasi quaranta anni alle nostre spalle. È trascorsa ben più di una generazione eppure sembra che si stia replicando nel modo più paradossale. Infatti, è dal 1993 che la Destra politica non è più una anomalia, è da allora che non è più strano vedere sindaci ed assessori e poi ministri e sottosegretari prima del Msi, poi di An. Tutto normale? Affatto! La Sinistra non ha mai accettato il ritorno alla normalità democratica, l’ha sempre mal sopportata, soprattutto da quando il leader del centrodestra è Silvio Berlusconi. Questo ha fatto sì che col tempo si sia vieppiù incarognita ed oggi l’antiberlusconismo, a braccetto con l’antifascismo, anziché attenuarsi, sia più violento che mai. Ma essere antiberlusconiani vuol dire essere anche ostili a tutto quanto sia - venga dalla Sinistra etichettato - «di destra». Il risultato è un drastico ritorno al passato: non si possono tenere conferenze e presentazioni di libri di autori sgraditi (Marcello Veneziani e Giampaolo Pansa ne sanno qualcosa) o di argomenti tabù (come a Palermo quello dedicato a Casa Pound, nonostante il responsabile culturale di Casa Pound scriva sul Secolo d’Italia, giornale antiberlusconiano).
E non si possono tenere nemmeno concerti. È accaduto negli ultimi tempi almeno due volte, in quel di Sassuolo e di Milano, alla Compagnia dell’Anello, la storica formazione musicale di Mario Bortoluzzi che si è vista annullare la sede di due manifestazioni all’ultimo istante per la pressione che politici e giornalisti locali hanno fatto su chi aveva loro concesso i locali. Con l’accusa di essere un gruppo «nazista»! E non l’ha difeso nessuno, o quasi: certo nessuno si è indignato sulla «grande stampa» per un episodio così grave. E accade a chi scrive su giornali di destra di subire trattamenti preferenziali da parte di politici e magistrati (ne sanno qualcosa il Giornale e Libero) rispetto a identiche situazioni in cui cadono le testate di sinistra. E capita (si vedano testimonianze sul Foglio) che chi comincia a scrivere sulle sue pagine provochi imbarazzo ad amici e conoscenti. Siamo tutti (è successo anche a me) considerati «lacchè di Berlusconi»!
Questa situazione nasce da una serie di concause: oltre quelle già dette ci sono anche gli effetti collaterali del neo-antifascismo finesco, cioè codificato dal presidente della Camera e seguito dai politici del Fli e dal suo quotidiano, che si presentano come una Destra Nuova mentre invece non sono altro che una Sinistra Vecchia con la bava alla bocca nei confronti di chi è rimasto veramente di destra. Insomma, è stato creato un nuovo «arco costituzionale» di cui Fli fa parte e chi non sta col Fli ne è escluso. E così, mancando una sponda politica che li difenda in qualche modo, ecco che giornalisti, scrittori, musicisti che non hanno accettato il verbo del nuovo messia di Montecarlo sono più facilmente attaccabili e discriminabili (ma non per questo cambiano idea).
Certo, c’è anche quel senso inaccettabile di superiorità antropologica, quel «complesso dei migliori» così efficacemente, ma inutilmente, denunciato da Luca Ricolfi nell’ormai lontano 2005, che porta la Sinistra ad un vero e proprio razzismo culturale. Ma, e lo si deve dire assai chiaramente, c’è anche l’incancellabile colpa di un centrodestra che dal 1994, pur messo in guardia, non ha fatto nulla per creare un retroterra culturale alle proprie vittorie politiche, da un lato non occupandosi affatto di cultura (Forza Italia) e dall’altro cadendo succube della «sindrome di Stoccolma» culturale (Msi/An) una volta giunto al potere nazionale e locale, come ho scritto a suo tempo su queste pagine e come ha di recente benissimo evidenziato il professor Roberto Chiarini.
Che la libertà di pensiero e di parola sia conculcata in questo disgraziato Belpaese lo possono urlare sfacciatamente personaggi come Santoro, Grillo, Saviano, Fazio, Travaglio, Dandini, Lerner, Spinelli, Di Pietro e tutto l’Idv, Eco e compagnia brutta, ma non so con quale faccia tosta o peggio, visto che possono dire e fare impunemente tutto ciò che vogliono spalleggiati dalla «grande stampa» e con la manleva dei magistrati. E lo possono anche molto, molto sopra le righe senza problemi. Aleggia invece una censura palese e occulta, una discriminazione morale e quasi personale per chi parla, scrive, canta avendo idee di destra.


Tutto ciò avviene a quasi vent’anni, dalla discesa in campo del Cavaliere che «sdoganò» la Destra partitica. C’è evidentemente qualcosa che non funziona e il Centrodestra politico dovrebbe fare l’esame di coscienza ed un mea culpa se la situazione, nel 2011, è ancora questa. Anzi, è peggiorata.

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