Il «Diario» di Alain de Benoist Visioni private di fine secolo

Il libro dello studioso francese viene presentato oggi alla libreria Mursia

Carlo Faricciotti

L'inganno delle guerre umanitarie, la crisi dello stato sociale e di quello nazionale, l'immigrazione e la globalizzazione... di questo e di altro ancora si parlerà oggi alla Libreria Mursia, in via Galvani 24, a partire dalle 21, in occasione della presentazione dell'ultimo libro dello studioso francese Alain de Benoist Ultimo anno. Diario di fine secolo, pubblicato dalle edizioni Settecolori.
Con de Benoist dialogheranno i giornalisti e saggisti Maurizio Cabona del Giornale e Armando Torno del Corriere della Sera. L'ultimo anno cui de Benoist dedica il suo Diario (già uscito in Francia nel 2001) è il 1999, ultimo del Novecento appunto.
Nel libro Alain de Benoist racconta anche il suo lavoro, i suoi interessi, l'Italia. Per riprendere le parole che lo stesso de Benoist usa nella presentazione al libro «Scrivere in prima persona mi è sempre riuscito difficilissimo e in queste pagine non parlerò né della mia vita privata, né di quella moltitudine di eventi di cui si nutrono i diari degli scrittori. Racconterò piuttosto del mio lavoro, delle mie attività, di ciò che più mi sta a cuore. Reagisco all'attualità, particolarmente densa in quell'anno. Soprattutto vi raccolgo riflessioni, aforismi, citazioni. Ogni nota è riportata alla sua data, ma per la maggior parte si tratta di appunti sufficientemente inattuali - intempestivi - da poterne essere agevolmente separati. Ho messo molto di me stesso in questo libro. Non si ripeterà».
Nato nel 1943, ritenuto tra gli esponenti della cosiddetta Nuova destra francese, de Benoist si è occupato di problemi filosofici, sociali, geopolitici, di storia delle idee politiche, ha analizzato le vicende della religiosità nel mondo contemporaneo e ha dedicato particolare attenzione all'analisi del concetto di democrazia, mettendone in evidenza potenzialità e limiti. Il suo anti-imperialismo lo ha portato a prendere posizione per il Terzo Mondo, nel senso della necessità per ciascun popolo di difendere i suoi valori.
Come da lui sostenuto più volte, viviamo «in un sistema politico-mediatico globale, dove è completamente vano sperare di acquistare una qualche influenza a partire dall'alto.

Agire sulle scelte della società, modificare le mentalità, decolonizzare un immaginario collettivo oggi dominato dai soli valori commerciali, non si può fare che a partire dalla base, per mezzo di esperienze locali di vario tipo. L'attuale rinascita delle comunità offre a tale riguardo delle interessanti prospettive, allo stesso titolo della moltiplicazione delle “reti”».

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