D.Tao, da imprenditore ad artista industriale: «Ora trasformo i luoghi»

«Da un evento negativo nasce sempre qualcosa di positivo». Dario Milana, in arte D.Tao, occhio azzurro da filosofo, passo sicuro da manager, rasato come un bonzo orientale, ha trasformato questa massima in una filosofia di vita. Forse perché è proprio da un evento negativo - un incendio - che le sue opere hanno preso forma.
La prima cosa che colpisce del suo impero immobiliare in via Mencenate, meglio noto come «EastEnd Studios» - la più grande struttura convegnistica privata in Italia -, sono gli spazi: 22mila metri quadrati un tempo adibiti alle officine aeronautiche Caproni e oggi affittati per eventi, fiere e produzioni tv. La seconda è il suo studio: un moderno open space ricco di oggetti e materialità, dal tetto a capriate alle scale in metallo, dal parquet ai pavimenti in vetro, dall’ascensore in acciaio ai mattoni a vista della facciata. E poi lampade, tavoli, arredi, oggetti di design da lui stesso disegnati e prodotti. E sculture, anzi “Squadri”: opere tridimensionali in alluminio sulle quali si stagliano piccoli corpi solidi (sfere in vetro, segature lignee, escrescenze plastiche o resinose).
È il 1964 quando Milana, diploma di ragioniere in tasca, apre la prima attività di sistemi componibili per fiere: allestimenti in alluminio e oggetti di design che gli valgono prestigiosi riconoscimenti (fra cui il Premio Adi Compasso D’Oro). Finché un giorno, era la fine degli anni ’80, un incendio nel capannone distrugge in pochi istanti anni di lavoro e fatica: mobili e pareti semidistrutti, lamiere e pannelli ridotti in cenere e rottami. Eppure è da quello spettacolo desolante dei materiali arsi che Milana scopre la forza espressiva della materia, al punto da affiancare all’attività di imprenditore di Dario la ricerca artistica di D.Tao: «Osservando i brandelli di alluminio capii che una volta incisi, lavorati e assemblati tra loro potevano diventare delle opere d’arte. Continuai su quella strada e, ispirandomi a una disciplina orientale che praticavo da qualche anno, il Tai Chi Chuan, impressi alle mie opere la firma di D.Tao».
Moderno alchimista diviso tra arte, impresa e misticismo, Milana interviene sui materiali grezzi recuperati da incendi e demolizioni attribuendone un significato nuovo. Come per “Kkhann - L’Acqua”, monumentale installazione ambientale (composta da lastre in alluminio che cadono da un’altezza di 11 metri) che riveste oltre mille metri quadrati dell’area industriale di via Mecenate. Sullo sfondo un’installazione sonora evoca il rumore dei passi degli operai che per decenni hanno lavorato all’interno della fabbrica. «Kkhann in cinese significa “acqua”, simbolo ancestrale del processo di rinascita e purificazione proprio dell’atto artistico – spiega l’autore -.

L’impressione è quella di trovarsi di fronte a una cascata, un fiume, un mare in tempesta. Lo spettatore viene inglobato all’interno dell’opera, e ne diventa lui stesso un elemento». Un viaggio nella memoria industriale e nel vissuto di un artista cresciuto tra fabbriche, operai e materialità.

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