RomaTutto dipende dal come, e in fin dei conti dal quanto. Se sarà fiducia, come pensa Bossi, il punto è quanta sarà, per quanti voti in più. «Se sono uno o due è impensabile andare avanti, ma se cè una maggioranza più solida, da otto in su, allora...» ragiona un big leghista, che però deve rispettare lordine del silenzio impartito dal capo. Pregiudiziali non ce ne sono, nemmeno su Casini, «anche se non ha votato il federalismo fiscale, e questo non è un dettaglio da poco». Ma i leghisti sono pragmatici, gente semplice e di poche parole, «noi non facciamo giochini, perciò diciamo di aspettare il voto e vedere quali sono i veri numeri». Anche Bossi rimanda al giorno dopo, ma qualche apertura criptica la fa, come quando dice che «resterete meravigliati» dai numeri della fiducia, «esclamerete Non ci avevamo pensato che fosse così...». Il segretario federale accenna a defezioni in casa Fli, «diversi di loro confluiranno nella fiducia, non so dire quanti ma vinceremo, avremo una fiducia piena». La sicurezza bossiana è reale o nasconde dellaltro? Difficile dirlo.
Che ci si trovi nel campo dellazzardo e del gioco di probabilità lo assicura un colonnello leghista, però anche lui sotto anonimato: «È come nel poker, si gioca senza mai sapere se le carte che hai sono migliori di quelle dellavversario. Io ho la sensazione che domani (oggi, ndr) molti voteranno alla seconda chiamata, per aspettare di vedere cosa succede nella prima e regolarsi di conseguenza. Però per fare le riforme serve una maggioranza vera, sennò anche in commissione Bilancio andiamo sotto e lì serve il parere per i decreti sul federalismo fiscale. È vero che non sono vincolanti, ma Napolitano firmerebbe mai un decreto che non ha lok sulla copertura? Io credo di no...». Il ragionamento leghista, ma inconfessabile, è che sarebbe quasi meglio la sfiducia, perché porterebbe prima al voto anticipato e spazzerebbe via i giochini da Prima repubblica. Però anche in casa Carroccio sanno bene di essere legati a doppio filo alle fortune del Pdl, e che Berlusconi non può perdere questa partita con Fini. E quindi lopzione «pura» della Lega, cioè le elezioni, deve lasciare il posto ad una mediazione rispetto a quel che vorrà fare Berlusconi con i numeri ottenuti oggi.
Lipotesi più probabile, che non scandalizza la Lega ma che certo non è quella che fa più contenti gli uomini di Bossi, è un allargamento allUdc. Ci sarà tempo tutte le feste di Natale, prima del 10 gennaio, per imbastire un tavolo con i centristi. Anche perché su quel tavolo caleranno questioni importanti, nomine e cariche vacanti. Quelle delle Authority ancora da assegnare, ministeri e poltrone da sottosegretario. E poi tutta la partita delle amministrative di primavera prossima. «NellUdc del Nord cè una forte volontà di ridare vita alla vecchia Casa delle libertà - dice una autorevole fonte leghista - perché hanno visto che alleandosi col Pd, come in Piemonte, non vanno lontano. E i democristiani non sono abituati a stare per sempre allopposizione...». Le candidature per Torino, Milano, Bologna, Trieste e altri comuni del Nord potranno essere anche una leva per la stessa Lega, nel momento in cui dovrà «rinunciare» al voto per assecondare la volontà di Berlusconi di portare avanti la legislatura.
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