E con le elezioni torna la giustizia a orologeria: rispuntano i soliti veleni

L’ex ministro Scajola è finito al centro dell'inchiesta "Grandi eventi" sugli immobili romani. Nonostante non risulti tra i rinviati a giudizio della "Cricca" vengono depositate carte con pagamenti per la casa al Colosseo e l’autista. In lista voci strane a carico di Balducci e soci

E con le elezioni torna  
la giustizia a orologeria:  
rispuntano i soliti veleni

di Gian Marco Chiocci e Massimo Malpica

Nel mezzo del cammin tra primo turno e ballottaggi delle amministrative, da Perugia piomba sulle urne una bombetta a orologeria, targata «Grandi opere» e fastidiosa, soprattutto, per l’ex ministro dello Sviluppo economico, Claudio Scajola. Solo pochi giorni fa, quando la procura umbra aveva chiesto il rinvio a giudizio per il grosso della «Cricca», il politico di Imperia aveva esultato per l’assenza del suo nome in un’inchiesta alla quale si era sempre dichiarato estraneo. Ma da subito gli uffici giudiziari perugini avevano fatto sapere di non aver mai indagato l’ex ministro - e tantomeno chiesto di mandarlo alla sbarra - semplicemente perché non c’era prova della corruzione, sottolineando però come restasse l’anomalia del lauto contributo versato da Anemone per l’acquisto della casa con vista Colosseo di via del Fagutale.

Ora, proprio dalle carte dell’inchiesta di Perugia, salta fuori una nuova annotazione spedita ai pm dalla polizia giudiziaria, che analizza un decennio di scritture contabili, tra il 2000 e il 2009, tenute dalla segretaria dell’imprenditore Diego Anemone, Alida Lucci, e sequestrate a don Evaldo Biasini, il religioso che gli inquirenti avevano ribattezzato «don Bancomat», perché avrebbe tenuto somme a disposizione di Anemone e di altri personaggi della cricca.
I riferimenti a Scajola nelle carte contabili si ritrovano «cifrati»: «Scaj» e «Fagutale» (dal nome della via della ormai celebre casa) rimbalzano attraverso gli anni, come giustificativi di uscite di cassa dai bilanci di Anemone. Il 19 maggio del 2004, sull’elenco appare l’annotazione più rilevante: «Compromesso (200) + Agenzia (30) Scaj», per un esborso complessivo a bilancio di 230mila euro. Appena sei giorni dopo, altra enigmatica voce: «Terra x seg. Scaj».

A ottobre dello stesso anno, altra uscita: «C/c via del Fagutale rimb. A.Maria Corse». L’importo nella stampata originaria è di 168 euro, che l’annotazione di PG erroneamente gonfia di zeri, portando la cifra a 168mila. Nel 2005, il 27 aprile, l’ultimo riferimento, per un valore di appena 96 euro: «A Roby C. x Trasformatore V. Fagutale». C’è poi, risalendo all’indietro fino al 31 ottobre 2001, un milione di vecchie lire indicate come «spese autista Scaiola».
Non c’è altro sulla casa dell’ex ministro, e le note contabili sembrano anche più deboli degli assegni per 900mila euro, emessi dall’architetto Zampolini - per conto di Anemone - e destinati alle sorelle Papa, proprietarie della casa, per saldare il prezzo di quell’appartamento. Ma i magistrati umbri, che non sembrano essersi arresi di fronte alla mancanza del «corrispettivo» a fronte del quale Anemone avrebbe «fatto dono» di buona parte dell’immobile a Scajola, sarebbero intenzionati a mandare anche questo nuovo materiale a Roma come «invito» a indagare sulla vicenda. Magari insieme alla messe di voci di spesa riguardanti i lavori in piazza Zama, dove Anemone si occupò dei lavori di una sede del Sisde, che per gli inquirenti fu il suo salto di qualità.

Il resto del colossale documento di cassa è ricco di nomi, sia eccellenti che sconosciuti, ma come per la famosa «lista Anemone» anche qui non sempre la descrizione di entrate e uscite di bilancio chiarisce in modo netto la destinazione dei flussi di denaro. Certo non mancano le curiosità. Come la presenza, il 27 ottobre 2005, di un «rimborso frullatore» a un non meglio specificato «ministro»: 100 euro. Sempre a un «ministro» sono destinati gli «stucchi» per i quali, nel lontano 31 luglio del 2001, Anemone paga 3,5 milioni di lire. E altri 5 milioni, a ottobre dello stesso anno, vengono segnati in uscita come «rimborso Vanessa per spese ministro».

Dall’elenco salta fuori anche l’ex capo della Protezione civile Guido Bertolaso, per riferimenti che l’interessato ha già chiarito nei suoi interrogatori con i pm, che comunque ne hanno chiesto il rinvio a giudizio: 150 euro di lavanderia (8 maggio 2008), 5.500 euro di «rimborso a Zampolini x via Giulia» (la casa romana dove Bertolaso ha soggiornato qualche anno: offerta da Propaganda Fide secondo lui, pagata da Anemone per i pm).

Tra gli altri nomi noti c’è un’annotazione per il presidente Enac Vito Riggio («Vito Riggio - cong. Evangelizzazione», uscite per 7.500 euro a febbraio del 2003), Valeria Golino, Pupi Avati e Kaspar Capparoni.

Tantissime spese sembrano poi far riferimento ad Angelo Balducci e ai suoi familiari: elettrodomestici, multe, cartelle esattoriali, assicurazioni, quadricicli, sponsorizzazioni per i film. Il resto è colore: un inquietante «nolo bara» annotato nel 2006, un altrettanto strano «pagamenti vigili via Giulia» del giugno 2003.

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