Ecco i 10 terroristi liberi senza il metodo Pollari

CHIAREZZA Le extraordinary rendition iniziarono già con la amministrazione Clinton

La squadra di carabinieri fa irruzione in un appartamento di Milano dove si nasconde un sospetto terrorista nordafricano. Tutti portano il mefisto nero che copre il volto e tute scure senza mostrine. Il sospetto è terrorizzato e comincia a disperarsi in arabo pensando che siano venuti a prenderlo dal suo Paese.
Quando i carabinieri si identificano tira un sospiro di sollievo e dice: «Per fortuna siete italiani altrimenti facevo una brutta fine». Non è una barzelletta, ma la cruda realtà sulle vere paure dei terroristi.
Il rapimento di Abu Omar a Milano nel 2003 è un’«extraordinary rendition» finita male. Talvolta, però, l’utilizzo di metodi poco ortodossi per prelevare dei terroristi ha dato i suoi frutti. Se vogliamo, il primo caso storico di estradizione illegale risale agli anni ’60. Gli agenti del Mossad rapirono il criminale nazista Adolf Eichmann in Argentina portandolo in una cassa in Israele, dove venne processato e condannato a morte. Un anno prima del rapimento di Abu Omar parte sempre da Milano, seppure in maniera indiretta, un altro caso di «rendition». Nel 2002 il Ros dei carabinieri individua una rete di estremisti islamici tunisini che fornisce appoggio ai terroristi internazionali. Fra questi Habu Hani, Muhammad Abdul Ghafar, Sabri Ghilar, conosciuti come le «tigri della Malesia». Il primo è un operativo di Al Qaida coinvolto nell’uccisione del comandante afghano Ahmad Sha Massoud, nemico dei talebani, due giorni prima dell’11 settembre. Ghafar è invece collegato all’attacco contro la nave da guerra americana Cole, nello Yemen, che fece una strage fra gli uomini a bordo. Grazie all’operazione dell’Arma a Milano la Cia fa arrestare le tre tigri della Malesia a Kuala Lumpur. Poi preleva i terroristi con un volo speciale trasferendoli nel solito Egitto. Nel 2005 il primo ministro al Cairo, Ahmed Nazif, aveva ammesso che erano 70 i sospetti terroristi consegnati dalla Cia. Molti, come Mohammed Al Zery e Ahmed Agiza, sono stati adottati dalle organizzazioni in difesa dei diritti umani. I due egiziani avevano chiesto asilo politico in Svezia. La polizia svedese li consegna ad agenti della Cia, che a bordo di un jet Executive li porta in Egitto. Uno è stato liberato, ma Agiza sconta una condanna a 25 anni di prigione per terrorismo.
Tutti pensano che le estradizioni illegali siano cominciate con George Bush, dopo l’11 settembre. Invece questo sistema era stato autorizzato dall’amministrazione Clinton. Il primo caso noto è del 1995 quando sparisce, all’aeroporto di Zagabria, Talaat Fouad Qassem, capo dell’organizzazione terroristica egiziana Jamaa Islamyia. Prelevato dai servizi croati viene interrogato su una nave da guerra americana nell’Adriatico e consegnato agli egiziani. Per liberarlo un suo sodale, Anwar Shaban, fa saltare in aria un’autobomba davanti alla questura di Fiume. Shaban comanda in Bosnia il battaglione El mujaheddin che combatte contro i serbi. Il terrorista è rincorso da un mandato di cattura della Procura di Milano, ma a lungo aveva pontificato liberamente dalla moschea di viale Jenner. La stessa che ha dato ospitalità ad Abu Omar. Alla fine degli anni ’90 l’egiziano Abdelkhader Es Sayed, un pezzo grosso di Al Qaida, riesce ad ottenere addirittura l’asilo politico nel nostro Paese. L’antiterrorismo lo individua parecchio tempo dopo, mentre organizza le filiere islamiche a Roma e Milano. La Cia vorrebbe mettergli le mani addosso, ma nel 2001 Es Sayed fa perdere le tracce e raggiunge l’Afghanistan dove morirà sotto i bombardamenti Usa. Dopo l’11 settembre la Cia accelera la pratica delle «extraordinary rendition» incappando anche in errori madornali, come lo scambio di persona. Di fronte alle proteste, soprattutto europee, l’allora segretario di Stato americano, Condoleezza Rice, replica: «Le restituzioni mettono fuori combattimento dei terroristi e salvano vite innocenti». Sicuramente è accaduto per i casi eclatanti di Khalid Sheikh Mohammed, l’organizzatore dell’11 settembre, e Abu Zubaydah, il reclutatore di Al Qaida in Afghanistan. Ambedue catturati in Pakistan con l’aiuto degli americani, che oggi li tengono prigionieri a Guantanamo. La Cia li ha sottoposti a tattiche di interrogatorio che sfiorano la tortura. Alla fine hanno ottenuto informazioni cruciali sia con le buone che con le cattive maniere. Zubaydah è stato portato in Afghanistan, dove era stata allestita una messinscena.

Al terrorista saudita hanno fatto credere che lo avevano trasferito in una cella del suo Paese. Due agenti della Cia di origini arabe si spacciavano per sauditi. Allora Zubaydah ha cominciato a vuotare il sacco.
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