D'Angelo (SNFIA): "Renzi, attento, il Jobs Act è un'operazione vecchia"

Marino D'Angelo, segretario del Sindacato Nazionale Funzionari Imprese Assicuratrici, lancia l'allarme: "Flessibilità non fa rima con occupazione e produzione"

D'Angelo (SNFIA): "Renzi, attento, il Jobs Act è un'operazione vecchia"

Marino D'Angelo è alla guida di un sindacato poco conosciuto ma di grande importanza strategica, oltre che numerica. La SNFIA - il Sindacato Nazionale Funzionari Imprese Assicuratrici, rigorosamente autonomo e non legato alla Triplice - si pone come interlocutore privilegiato per una fascia di lavoratori che conta in Italia 16.743 addetti, colletti bianchi appartenenti a un ceto medio sempre più interessato dal difficile momento economico che stiamo vivendo e toccato dalla crisi. Un comparto manageriale a cui D'Angelo dà voce, senza risparmiare critiche all'approccio con cui Matteo Renzi sta affrontando la questione lavoro.
Dal congresso della Cgil è arrivato un durissimo affondo verso il governo Renzi. Lei condivide quelle critiche?
«Renzi ha una forte capacità di cavalcare la tigre, dice cose giuste e anche banali. Con questo approccio, però, si rischia che la montagna partorisca il topolino».
Cosa gli rimprovera?
«Se da un lato credo sia giusto chiedere al sindacato di cambiare e intercettare i nuovi bisogni - fondamentali per una progettualità sociale al passo con il presente - dall'altro penso che Renzi rischi di incamminarsi su un crinale molto scivoloso. È uno stereotipo vecchio immaginare uno sviluppo sociale non inclusivo. Non si può governare senza le parti sociali, ovvero con coloro che storicamente garantiscono il progresso economico e sociale».
Lei ritiene pericoloso il suo metodo?
«Ritengo pericoloso il modo in cui affronta la diversità. Non è corretto sostenere che se non sei d'accordo con lui, allora fai parte della Casta. Oggi più che mai questo Paese ha bisogno di inclusività, non di esclusione. Se poi lo schema del rapporto cambia nel senso di un passaggio dalla concertazione alla partnership, noi siamo pronti».
Cosa pensa del Jobs Act?
«Penso che sia un'operazione vecchia. Il Jobs act di Renzi ripropone un'idea di rilancio dell'occupazione superata dai fatti. Flessibilità non fa rima con occupazione. In Spagna le leggi del Governo Rajoy hanno prodotto in due anni un aumento della disoccupazione del 4,6%. E non fa rima neanche con produzione. In Germania i mini job hanno avuto il solo effetto di redistribuire il lavoro precarizzandolo: questo ci dice il raffronto tra un Pil fermo allo 0,4% e un indice di disoccupazione al 6,9%, tra i più bassi dell'Unione. In sostanza si tolgono garanzie ma non si aumenta la produttività e non si crea ricchezza. Inoltre il paragone con la Germania non regge perché i lavori a basso reddito lì vengono integrati con fondi sociali aggiuntivi che portano il salario attorno agli 850-1000 euro. La nostra spesa sociale non è certo paragonabile con quella tedesca»
Qual è il suggerimento che darebbe al premier?
«Gli suggerirei innanzitutto di distinguere tra velocità e fretta. Seneca diceva che nessun vento è favorevole per un marinaio che non sa in quale porto approdare. La precarizzazione del rapporto di lavoro è uno specchietto delle allodole».
La pensano così anche i datori di lavoro?
«Guardi, io per il mio incarico, parlo ogni giorno con tantissimi manager. Mi parlano di credito, di burocrazia, della necessità di avere un sostegno sulle esportazioni. In Italia il 90% delle aziende ha meno di 15 dipendenti e non ha difficoltà a licenziare».
Qual è il rischio della strada scelta da Renzi?
«Semplice: creare un popolo di operatori di call-center, sottoposti all'usura della propria dignità personale, senza possibilità sociale ed economica di sviluppo della loro personalità. Così non si fa il bene dell'Italia. Inoltre si rischia di far passare il messaggio - devastante - che la classe dirigente è quella che fa utili tagliando i costi, quando invece la vera classe dirigente è quella che ha idee, valorizza il merito e rende più moderna e competitiva la propria azienda».
E degli 80 euro cosa pensa?
«Che sono un falso ideologico.

Se mi chiede: fa bene Renzi a dare 80 euro in busta paga a una certa platea di lavoratori cosa vuole che io le risponda? Ma la domanda vera è: qual è il vero piano di sviluppo che sta dietro a questa scelta? Una politica credibile di rilancio dell'economia deve camminare allo stesso passo e su tre gambe: flessibilità si, ma anche ammortizzatori sociali e piano di rilancio industriale. Stia attento Renzi, che a correre su una gamba sola si corre il rischio di cadere e non rialzarsi più».

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