Per Fiat «il 20% di Rcs è strategico»

«Vediamo l'esito dell'aumento di capitale, che non è stato ancora perfezionato, e poi vediamo che cosa è necessario fare». Così ha parlato ieri Enrico Cucchiani, ad del gruppo Intesa, grande socio di Rcs, segnando un momento di stallo nella partita per il futuro assetto del gruppo editoriale del Corriere della Sera. A questo punto si può pensare che i conti si faranno al termine dell'operazione. Con la Fiat ferma al 20% e intenzionata a restare in un patto di sindacato; e Diego Della Valle, con il suo 8,8%, che spinge invece per una nuova governance e nuovi soci.
Lo stesso Della Valle è atteso a breve in Consob per chiarire la sua posizione. Mentre Fiat ha risposto ieri alle richieste della Commissione sulla «strategicità» della sua quota nel capitale di Rcs, senza alcuna esitazione: la Fiat «ritiene di aver fatto sempre con rigore, disciplina e trasparenza la propria parte», nel contribuire «alla stabilità finanziaria di questa importante società italiana quotata». Inoltre Fiat ricorda di partecipare «in misura significativa al capitale di Rcs sin dal 1984 ed ha sempre considerato strategica questa partecipazione, dimostrandolo con i fatti e dichiarandolo apertamente. Come pubblicamente noto, Fiat è anche parte del patto di sindacato di Rcs».
Ieri avrebbe potuto essere una giornata importante ma le attese sono andate deluse: nella prima seduta di asta sui diritti rimasti inoptati per aderire all'aumento di capitale, che corrispondono a una quota azionaria finale di circa l'11%, solo pochi di questi sono stati assegnati. In asta è stato ritirato poco più dell'1% di quel 15% di aumento di capitale ordinario rimasto inoptato, e a farlo non sono stati gli attuali azionisti se no avrebbero dovuto dirlo. L'incanto proseguirà come previsto per altre quattro sedute di Borsa aperta, e finirà quindi martedì prossimo. Nello stesso tempo non sono giunte comunicazioni di nuove posizioni: significa che durante le due settimane di trattazione dei diritti sul mercato, nessuno ha superato soglie rilevanti che richiedano la trasparenza. Come noto c'è almeno un 5, forse un 10% di capitale che non si sa in quali mani sia finito. Se tra queste ci fossero soci con oltre il 2%, sarebbero tenuti a comunicarlo al mercato. A meno che le eventuali posizioni superiori a tale soglia non siano in capo a fondi, che possono restare nascosti fino al 5 per cento. Dunque è tutto fermo. L'unica novità, ieri, ha riguardato i diritti inoptati sulle azioni di risparmio, che sono andati a ruba: l'asta si è chiusa subito, venduti 1.148.777 diritti non esercitati per la sottoscrizione di 3.446.331 azioni di risparmio. Un'operazione ininfluente sul riassetto perché le risparmio non hanno diritto di voto. Ma sono allettanti per chi punti alla ristrutturazione del gruppo Rcs.

Vuoi per il prezzo a sconto a cui sono offerti i titoli, vuoi perché in caso di ritorno all'utile a questa categoria di azioni va una cedola privilegiata del 5% sul valore nominale e una maggiorazione del 2% del valore nominale rispetto alla cedola ordinaria. Insomma un investimento a lungo termine che in questa fase può essere una scommessa interessante.

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