Mi stupisco di chi si stupisce del fenomeno delle assunzioni difficili. In questi giorni leggo e ascolto testimonianze di imprenditori sconsolati davanti all'impossibilità di reperire manodopera per le proprie attività. La questione è molto seria perché riguarda il destino del nostro Paese. Comprenderne le ragioni è fondamentale per avviare un nuovo percorso. Da anni sento parlare di emergenza educativa a tutti i livelli: famiglia, scuola, formazione. In questo modo i giovani crescono in assenza di solide radici e questo determina in loro uno scollamento con la realtà. Non sono disposti a imparare, a sacrificarsi, a mettersi in gioco. Così si diventa adulti all'anagrafe senza esserlo e dimostrarlo con i fatti. Il Sistema Italia nel suo complesso è il responsabile di tale deficit sociale con immediate ricadute sul piano economico.
L'aver assecondato la leva dei diritti troppo spesso declinata con le pretese ha portato alla situazione che stiamo vivendo. Il dovere è ormai una parolaccia conclamata, percepita come un limite insopportabile, un pericolo all'affermazione della propria personalità, un attacco alla libertà personale. Tutto è diritto, nulla è dovere: questa la sintesi di uno Stato che, per ataviche attitudini interessate all'assistenzialismo, non ha certo favorito l'educazione quale processo di apprendimento valoriale e relazionale. Così facendo è venuto meno l'impegno strategico per la formazione di capitale umano. Con tutto quel che ne consegue.
Quando si rifiuta il lavoro è una grave sconfitta per tutti. Una fuga dal presente, la negazione di pensare e progettare il proprio futuro.
Ci si ritiene a posto nell'assoluta precarietà, ovvero beneficiando del Reddito di cittadinanza sommato a lavoretti saltuari che non aprono ad alcuna prospettiva. Finché lo Stato non scioglierà la sua presa tentacolare arduo che si possa interrompere il declino. Ma questo non può essere un alibi per nessuno. Basta con la «mala» educazione.
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