L’intesa di Bruxelles all’esame dei mercati Ma il faro è sulla Bce

Attesa per il verdetto di oggi, le Borse guardano però a giovedì sperando nella riduzione dei tassi

L’intesa di Bruxelles  all’esame dei mercati  Ma il faro è sulla Bce

«Nel prossimo futuro nessuna alternativa possibile al tasso minimo di cambio» di 1,20 franchi svizzeri per un euro». Nell’intervista rilasciata, forse non a caso proprio ieri, al SonntagsBlick, il presidente della Banca Nazionale Svizzera Thomas Jordan dice quello che Mario Draghi non può invece mai affermare da numero uno della Bce. E che invece sarebbe l’unica frase, anche breve, in grado di far definitivamente girare i mercati. In altri termini, gli accordi sul salva-spread, siglati nel vertice di giovedì e venerdì scorsi, non serviranno a nulla fino a quando non sarà ampliato il mandato della Bce, includendovi anche la stabilità finanziaria. Solo così la speculazione internazionale capirebbe che, attaccando i titoli di Stato in euro, andrebbe prima o poi a sbattere contro un muro. Per questo le attese sulla riapertura delle Borse di oggi non sono univoche: il balzo (6,6% in Piazza Affari) di venerdì non è un viatico sufficiente per pensare che, da oggi in poi, il trend diventi rialzista.

Questa è l’aria che si respirava ieri tra gli addetti ai lavori che oggi, dalle prime ore dell’alba con i mercati asiatici e poi i future sugli indici europei, saranno davanti ai loro pc per seguire una seduta sulla quale si è concentrata un’attenzione mai vista prima. Come andranno le Borse? E gli spread? Scenderanno ancora, dopo il brusco calo di venerdì, o torneranno a ballare? Difficile trovare chi si sbilancia, ma due o tre grandi previsioni, per oggi e i prossimi giorni, si possono azzardare.
La prima è che oggi non sarà il giorno della verità. Solo con il passare delle sedute si avranno elementi in più per capire. Anche perché, scommetteva ieri più di un operatore, le quotazioni potrebbero oggi essere «drogate» dall’interesse delle istituzioni di Bruxelles a trasmettere una sensazione di gran successo. Per questo molti gestori non hanno ancora deciso di cambiare la propria politica di investimento prudente e diversificato rispetto all’euro. Non sono convinti né del 7% di venerdì, né del ruolo dei fondi Salva Stati.

Il secondo elemento è la convinzione che la volatilità di questi mesi, su indici e spread, rimanga elevata, almeno per il resto dell’estate. Sono troppo ghiotte le occasioni come questa di realizzare in una sola seduta un rendimento del 5-6 o 7 per cento. In altri termini un certo approccio speculativo ai mercati è da mettere in cantiere ancora a lungo. Semmai sarà da settembre in poi che si potrà assistere a un trend finalmente più equilibrato. Mentre per l’uscita dalla crisi finanziaria si dovrà attendere fine anno, a condizione che le attese innescate in questi giorni trovino conferme concrete nella volontà politica di stringere verso una Bce più forte.

Infine l’andamento di oggi del mercato non potrà non guardare alla riunione Bce di giovedì: le attese sono per un calo del costo del denaro (fermo all’1%) di almeno un quarto di punto.

Una decisone che, dando fiato all’economia e soprattutto alle banche (che aumenterebbero i loro margini sui prestiti aperti alla banca centrale) e potrebbe galvanizzare le Borse e gli spread ben più delle decisioni di Bruxelles.

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