Filippo Annunziata: "Lascio Bpm, troppe lotte interne"

Il presidente del cds: "Il progetto spa rompe i potentati interni. Impossibile governare il vertice"

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«La trasformazione in spa è un percorso complesso che porta a una soluzione di continuità senza precedenti per la Bpm. Tornano in gioco gli equilibri. Il cds nato dall'assemblea del 2011 ha avuto tante anime fin dall'inizio, espressione di interessi spesso non allineati. Finora, da presidente, ho cercato un equilibrio e non è stato un esercizio facile. Ma da metà marzo è diventato impossibile». Per questo Filippo Annunziata si è ieri dimesso dal vertice del consiglio di sorveglianza della Pop Milano. Ma in questa intervista al Giornale, dice che «non si tratta di questioni personali».

Perché lascia?
«Il mio ottimismo innato, quasi incosciente a la Jacques le fataliste, cominciava a scemare. Serviva un segnale forte».

Era stato sul punto di andarsene anche in marzo, vero?
«Sì. Fino a metà marzo ho saputo gestire questa situazione complessa. Poi ho creduto nella capacità di superare la prima fase caotica quando è iniziato il percorso di trasformazione in spa, presentato dal cdg a metà febbraio. Ma da lì gli episodi di disfunzionalità interni al consiglio si sono via via accentuati, fino a culminare, il 4 aprile, in due fatti gravissimi».

Disfunzionalità?
«Le spiego: il nostro modello dualistico è unico. Si può pensare a Ubi o Intesa, ma non è così. Il nostro cds è un puro organo di controllo, senza alcun potere. Non può avere nessun ruolo propulsivo o propositivo. Accerta che il percorso del cdg sia trasparente, corretto, che i soci siano informati. Ma il motore è il cdg. E questo non è stato facile da interpretare da membri del cds che prima stavano nel cda e si sono ritrovati in una sorta di super collegio sindacale».

Ma come: non avevano capito la trasformazione duale?
«Non posso nemmeno pensare che i componenti di un consiglio di una delle maggiori banche italiane non siano consci del loro ruolo. Ma alcuni, pur perfettamente consapevoli, lo utilizzano come trampolino per salti mortali che non si potrebbero spiccare».

Quali sono i fatti dirompenti del cds del 4 aprile?
«Il primo è stato l'annuncio di tre consiglieri (Maurizio Cavallari, Ruggiero Cafari Panico ed Enrico Castoldi, ndr) di presentare un progetto alternativo alla trasformazione in spa del cdg. Li ho immediatamente bloccati, il cds non ha nemmeno iniziato a discuterne, ho tolto loro la parola. Ma il fatto ha generato confusione ed è uscito sui media, alimentando l'impressione che il cds invadesse il campo del cdg. Un fatto gravissimo perché, con un aumento di capitale in arrivo, non si può rischiare di confondere gli investitori con una governance non chiara».

La discussione non è stata aperta?
«No».

Secondo punto?
«Sul bilancio 2012, 8 su 18 non hanno votato a favore, tra astenuti e contrari. Ma nessuno di questi, tra cui i tre del progetto alternativo, ha motivato con ragioni di ordine tecnico. Solo motivazioni inesistenti, generiche o marginali. È seguita una discussione tignosa, con continue puntualizzazioni, sulla mia relazione del cds al bilancio, anch'essa approvata senza unanimità. Allora dico che tutti questi fatti segnano il punto terminale delle disfunzioni del cds, che già a inizio marzo mi aveva indotto alle dimissioni. Io ho cercato di mediare in tutti i modi. Fino a febbraio c'eravamo riusciti. Poi l'equilibrio ci è sfuggito di mano, perché sono stati toccati assetti interni vissuti con molta conflittualità».

I pm di Milano che indagano su Bplus sospettano che gli ex vertici della banca continuino a esercitare influenze. Le risulta?
«Non posso escluderlo, ma non ne ho alcuna diretta evidenza. Tanto che questo è un punto su cui mi sono trovato in forte disaccordo con i pm».

Nelle sue dimissioni c'entra l'indagine interna sullo sconfinamento di un fido? Di quanto si tratta?
«No, non c'entra nulla, quello è un fatto superato. Lo sconfinamento è stato di poche decine di migliaia di euro: un banale episodio nelle more del rinnovo. Ho regolarizzato e chiuso tutta la posizione nel novembre del 2012.

Il cds ha fatto tutti gli accertamenti e ha segnalato l'accaduto alla Banca d' Italia. Mentre l'organismo di vigilanza interno sei mesi dopo è arrivato alle stesse conclusioni. Il cds mi ha assegnato un richiamo, confermandomi la fiducia il 28 marzo scorso».

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