L'inflazione Usa sorprende i mercati

Per la prima volta dopo 16 mesi l'indice rallenta: a luglio 8,5% contro 8,7 di giugno

Mercati finanziari
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È sempre la solita storia, Wall Street vs. Main Street. Mentre il Paese reale tira la cinghia al punto da strappare le bollette del telefono di AT&T, alla Borsa di New York è tutto un fiorire di luminarie. Perché war is over, e per guerra deve intendersi quella contro l'inflazione, scesa in luglio all'8,5% dall'8,7% di giugno. È la prima battuta d'arresto dopo 16 mesi consecutivi di strappi verso l'alto e riguarda anche la parte core (quella al netto di cibo ed energia), calata al 5,9% dal precedente 6,1%. Il rischio è però uno: scambiare una tregua per una ritirata. Ed è grosso, poiché questo malinteso porta con sé la convinzione che l'opera di restringimento delle maglie monetarie da parte della Federal Reserve sia ormai ai titoli di coda.

Il mercato punta infatti su un rialzo dei tassi dello 0,50% in settembre, inferiore quindi allo 0,75% inizialmente stimato, ma sta soprattutto già scontando un taglio del costo del denaro fra gennaio e luglio dell'anno prossimo. Non appena due mesi fa, i future sui Fed Funds indicavano come probabile una stretta di mezzo punto percentuale nello stesso periodo. Per gli investitori è un cambio di spartito netto. La convinzione che presto a Eccles Building torneranno a volare le colombe, è il cemento armato che rinsalda le fondamenta della corrente rialzista di Wall Street (+1,5% il Dow Jones, +2,4% il Nasdaq ieri un'ora dalla chiusura) e induce qualche gestore di portafoglio al proclama: Rimuovete la stagflazione e introducete una strategia di crescita. Poco importa se il capo della banca centrale Usa, Jerome Powell, sia finora rimasto molto abbottonato sulle mosse future dell'istituto. Né servono a stemperare l'euforia sia l'invito alla prudenza rivolto ieri dal presidente Usa, Joe Biden (Ci sono alcuni segnali di moderazione dell'inflazione. Ci aspettiamo venti contrari, ma la situazione sta migliorando), sia il monito arrivato dall'ex presidente della Fed di New York, Bill Dudley (Le speculazioni di mercato su un pivot della Fed - il punto oltre il quale i tassi non salgono più, ndr - sono esagerate e dannose per gli sforzi tesi a ridurre l'inflazione).

La sensazione di alcuni analisti è che i mercati siano vittime di un abbaglio collettivo: reagiscono come se la Fed attuale fosse come quella che tra il 1990 e il 2001 non esitò a mettere fine alle strette dei tassi per aiutare l'America a uscire dalla recessione tecnica. Oggi il Paese è in quella condizione, ma mancano i segnali di instabilità finanziaria che potrebbero indurre l'istituto di Washington a cambiare rotta. Per esempio, appaiono sotto controllo i differenziali di rendimento tra i titoli del Tesoro e il debito societario con rating spazzatura. Sono tuttavia proprio i numeri che dovrebbero indurre Wall Street a non lasciarsi prendere da un eccesso di ottimismo, magari alimentato dall'aforisma dell'ex segretario di Stato del Regno Unito, Leon Brittan, secondo il quale un mese non fa tendenza, ma ricorda anche che ogni tendenza inizia con un mese.

Certo la situazione potrebbe migliorare se dal tavolo sparissero quei fattori esogeni (interruzione delle catene di approvvigionamento e prezzi choc di petrolio e gas) che hanno infiammato i prezzi, ma da scalare c'è ancora una montagna prima che il carovita rientri nell'alveo della normalità. Se da qui alla fine dell'anno non ci saranno aumenti - ipotesi peraltro non probabile - i prezzi scenderanno al 5,5% circa, oltre il doppio rispetto al target del 2% della Fed.

Nel frattempo, i rincari energetici esprimono un poco rassicurante +32,9% su base annua, mentre i prezzi del carrello della spesa sono lievitati in 12 mesi del 10,9%, il ritmo più veloce da maggio 1979.

Sono le due voci di spesa che finiscono per pesare di più sui budget familiari, sotto stress anche a causa di salari reali (cioè al netto dell'inflazione) in calo del 3,6%. E nei prossimi mesi, le disponibilità finanziarie delle famiglie con mutuo a carico tenderanno a diminuire ulteriormente. A Main Street non è ancora ora di accendere le luminarie.

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