Unicredit, nessun aumento per la Roma

Della ricapitalizzazione prevista (tra 10 e 30 milioni) se ne riparla a fine stagione, d’accordo con l’azionista Usa

Unicredit, nessun aumento per la Roma

Unicredit non spende altri soldi per la Roma: «Per ora nessun aumento di capitale», dice al Giornale Paolo Fiorentino, direttore operativo della banca. Per l'iniezione di risorse finanziarie la squadra di calcio della capitale dovrà aspettare il giugno prossimo. I grandi soci (gli americani che hanno rilevato il controllo della società, James Pallotta e Thomas Di Benedetto, hanno il 60%, mentre Unicredit detiene il 40% della holding Neep, che a sua volta custodisce il 78% di As Roma) non hanno intenzione di tirare fuori né punti né pochi dei 30 milioni di capitale aggiuntivo previsti come impegno futuro un anno fa, al passaggio di proprietà della società venduta dai Sensi. La prima parte della ricapitalizzazione, pari a 50 milioni, era contrattuale ed è già stata effettuata proquota. Ma per i restanti 30, che i tifosi e forse lo stesso allenatore Zeman avrebbero voluto vedere subito, se ne riparlerà sulla base del bilancio sportivo e finanziario della stagione 2012-13.
D'altra parte per Unicredit - che è socio di minoranza, ma è la banca che ha gestito l'intera operazione, avendo ereditato da Capitalia le sorti del gruppo Italpetroli - rimane concentrato a rientrare dell'esposizione sia azionaria (circa 60 milioni), sia creditizia (almeno 30 milioni) e questo non è certo il momento per mettere nuovi milioni nel calcio. L'ad Federico Ghizzoni ha già quantificato in 12 milioni la svalutazione della Roma: prima di tirare fuori altri soldi ci vuole vedere chiaro. E ai soci Usa (che finora hanno investito in tutto 70 milioni) va bene così. La banca rimane comunque il punto di riferimento per i giallorossi, con il proprio coo (chief operating officer), Paolo Fiorentino appunto, che siede nel cda e nel comitato esecutivo della Roma per tenere ogni sviluppo sotto controllo. Anche perché per Unicredit l'obiettivo è quello di trovare un terzo socio forte, da far entrare riducendo la propria quota di almeno il 20%, magari il 30%. Lo conferma Fiorentino che punta «a chiudere l'operazione entro il giugno prossimo». Individuando «un azionista o secondo un criterio geografico (magari dalle parti di Asia, Golfo persico, dove cresce l'interesse per il calcio europeo, ndr), o settoriale, puntando per esempio sul partner immobiliare con il quale affrontare la partita del nuovo stadio». In proposito Fiorentino non si sbilancia perché troppi sono gli interessi, nella capitale, intorno alla costruzione di un nuovo impianto. Per questo il dossier-stadio è stato affidato a un'agenzia, Cushman & Wakefield, per individuare sito e modalità più opportune, in attesa che la legge sugli stadi, già passata alla Camera, sia licenziata anche dal Senato. Le location possibili sono un paio, ammette Fiorentino, che però non vuole dire di più.
Nell'attesa i tifosi (che giovedì sono andati in 15mila all'Olimpico per la presentazione) si preparino a una stagione costruita su Zeman e De Rossi (per il quale la società ha fatto già una la «pazzia», rinnovando il contratto con un costo aziendale stimato in 60 milioni in 5 anni); naturalmente su Totti; su qualche giovane della Primavera da lanciare come Verre e Tallo; e su Burdisso punto fermo. Poi la possibilità di qualche colpo sul mercato dipenderà dalla capacità di tagliare gli ingaggi considerati insostenibili, come già deciso per Cassetti, Pizarro, Gago, Juan e qualcuno dei tanti portieri. Destro sembra a un passo. Poi si vedrà. D'altronde Fiorentino è convinto che la strategia di Unicredit per la Roma debba essere in linea con la dottrina Milan-Inter. Ed è quella di abbassare subito il monte ingaggi dai 105 milioni di partenza almeno sotto ai 100. Per poi arrivare al prossimo anno a quota 86-87, puntando su giovani con costi bassi e contratti lunghi. Una sorta di asset management della squadra che comunque richiederà nel giugno prossimo la ricapitalizzazione, da quantificare tra i 10 e i 30 milioni.

Anche perché, nel frattempo, la banca punta ad aver chiuso con il progetto dello stadio e con il nuovo socio, e quindi essere scesa al 20% o forse anche meno, in modo da partecipare alla ricapitalizzazione in misura minima. Quasi fuori da una partita ereditata da altri, di cui avrebbe fatto volentieri a meno.

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