Er Pomata, tra invettive e lucida ironia

In groppa al suo destriero, situato nella michelangiolesca piazza del Campidoglio, la statua di Marco Aurelio domina Roma da 18 secoli. Schiena dritta, busto eretto e sguardo che supera le prime file della platea, involandosi tra le poltrone del Gran Teatro in cerca di nuovi consensi, l’imperatore filosofo tiene sulle ginocchia un personal computer perché è da lì che tutto nasce e muore, oggi: copione compreso. Non è uno scherzo, è l’ultima provocazione di Enrico Montesano che al grido di «abbasso la tecnocrazia e la profittocrazia» il 29 e 30 gennaio debutta al Gran Teatro con Quantunque io… tra etica e cotica. «Tra fantasie e invettive la gente ha bisogno della via di mezzo, perché con tutto questo “cotico” che c’è in giro, come la tivù generalista che sforna programmi indigesti che degradano i gusti del pubblico, e l’etica strombazzata da politici e bancari che stanno portando il Paese al collasso, bisogna difendersi. Come? Adottando un atteggiamento critico, ma senza esagerare perché un po’ di cotica ci sta bene. Insaporisce la vita».
Lo show costruito tra le scene di Gaetano Castelli è un’allegra cavalcata di due ore tra monologhi, canzoni e parodie più o meno riverenti: macchiette attualizzate da Montesano, padre putativo di Catullo er Bullo e Bella Ficcion, che misurano l’elevato livello di grottesco quotidiano raggiunto. Tra le caratterizzazioni ripescate nella variopinta galleria dell’attore romano il posto d’onore spetta a er Pomata, protagonista del film culto di Steno, Febbre da cavallo. «Pomata è la cotica e a lui spetta il prologo del recital. Me lo sono immaginato costretto a travestirsi da statua imperiale per rimediare mance dai turisti, proprio come i centurioni al Colosseo». E mentre lo stoico Marco Aurelio appare sul grande schermo del boccascena in groppa al possente destriero, esortando gli spettatori a cercare la qualità intrinseca delle cose, Pomata ne interpreta il pensiero a uso e consumo, meditando di frugare nei borsellini di nonne e sorelle per rimediare la giocata ai cavalli. «Etica e cotica sono complementari nello spettacolo e nella vita. Io non me la prendo con nessuno in particolare, sono contro la legge del profitto tout court, contro i salvataggi delle banche che hanno fatto carne di porco dei risparmiatori. La parola etica è inflazionata? Vuol dire che manca. Rispetto alla questione morale dei politici, sono felice di essere un po’ cotico». Tra un monologo e una canzone - in scena con Montesano anche un attore, una soubrette e un musicista - si parlerà di tecnocrazia, di principi morali, di italiani all’aeroporto («fanno sempre suonare il metal detector»), ma senza esagerare.

«Perché la gente ha bisogno di ridere» chiosa Montesano, che non si è fatto scappare l’occasione di parodiare il neo eletto Barack Obama: «entro in scena con le dita dietro le orecchie per farle a sventola e il ventaglio d’argento per l’abbronzatura».

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