Gli eredi Hermès vincono un round contro Lvmh

I cinesi di Xinmao rinunciano a Draka, lasciando campo libero all’italiana Prysmian. Proprio mentre alla Borsa di Amsterdam stava muovendo i primi passi l’offerta lanciata dalla ex Pirelli Cavi (circa 840 milioni di euro tra contanti e azioni) per dare vita al primo gruppo mondiale del settore, Pechino ha infatti gettato la spugna: «Dopo attente considerazioni» Xinmao «ha purtroppo dovuto concludere» che l’annunciata Opa da un miliardo di euro sul gruppo olandese «non è più possibile».
Immediata la reazione di Piazza Affari, dove Prysmian già in salita in mattinata ha accelerato, superando con un balzo del 9,18% quota 14 euro (14,16 euro in chiusura). In caduta invece Draka che ad Amsterdam, visto svanire il generoso rilancio di Pechino (20,5 euro ad azione) ha ceduto il 7,7% a 17,8 euro.
Xinmao, che era venuta allo scoperto con un blitz a fine novembre proprio mentre i vertici delle due società europee stavano illustrando i vantaggi industriali del loro matrimonio, ha giustificato la ritirata con la tempistica dell’Opas italiana. Secondo Xinmao, «un’offerta competitiva per Draka potrebbe avere chance di successo solo se potesse essere lanciata qualche tempo prima della fine» dell’offerta di Prysmian, che terminerà il 3 febbraio. Un tempo non sufficiente, a detta di Xinmao, per predisporre una proposta alternativa. Il gruppo di Tianjin, che non aveva ancora completato l’iter autorizzativo, è forse rimasto imbrigliato nelle strette maglie burocratiche della stessa Repubblica Popolare. Alcuni osservatori avevano tuttavia da subito sollevato dubbi sulla struttura della sua offerta, perché finanziata da un pool di banche pubbliche cinesi. E la stessa Unione Europea non aveva esitato ad alzare le difese: il sospetto era che la piccola Xinmao fosse utilizzata come un cuneo da Pechino per mettere le mani sulla tecnologia di Draka. A questo punto l’unico interrogativo prima dell’effettivo matrimonio tra Prysmian e Draka è l’esito dell’offerta pubblica di acquisto e scambio partita ieri. La famiglia Flint, azionista di maggioranza di Draka con il 48,5% ha tuttavia già firmato l’impegno ad aderire all’Opas che propone 8,6 euro e 0,6595 azioni Prysmian per ogni titolo olandese. Se l’operazione andrà in porto, nascerà un gigante dei cavi, presente in oltre 50 Paesi con più di 90 stabilimenti, una forza di lavoro di 20mila dipendenti e ricavi pari a circa 5,8 miliardi di euro.
Pechino ha dunque rinunciato a combattere questa battaglia, ma proprio tale scelta conferma la coscienza che il Paese asiatico ha della propria forza finanziaria.

Dopo aver puntellato il debito pubblico americano e quelli di alcuni Paesi europei, è difficile che la Cina non proverà a cogliere la prossima occasione di shopping, magari facendo leva sui titoli di Stato messi in cassaforte per fare pressing sui governi interessati. I primi a esserne consci sono gli analisti, secondo cui la «fame di fibra» di Pechino potrebbe convincerla a tornare all’attacco sul gruppo quando le nozze Prysmian-Draka saranno cosa fatta.

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