Esquilino, niente «sconto» per gli inquilini del Comune

In via Cialdini ai 44 acquirenti degli alloggi cartolarizzati, Rpr non applica la detrazione del 15% a causa degli okkupanti

Silvia Marchetti

Al n.13 di via Cialdini, quartiere Esquilino, c’è un caso rimasto fino a oggi nell’ombra. Un caso che rientra nel ben più vasto e oscuro dossier delle cartolarizzazioni che il Campidoglio continua a gestire come gli pare e piace. La vicenda riguarda un immobile comunale di 60 appartamenti. Su 53 opzionabili, 44 unità sono state acquistate dagli inquilini che da anni sono in affitto ma ai quali Risorse per Roma - l’ente che gestisce la dismissione del patrimonio immobiliare del Comune - non ha riconosciuto lo sconto massimo del 15 per cento che spettava loro di diritto avendo opzionato l’80 per cento per cento della parte «vendibile» del palazzo. Esattamente come stabilisce la delibera n.221/2004 che facilita la procedura di alienazione del patrimonio comunale definendo maggiori sconti per gli inquilini che acquistano l’80 per cento di un palazzo di oltre 30 unità. Perché allora a questi cittadini è stato riconosciuto uno sconto del solo 8 per cento? «Sono mesi che scriviamo e telefoniamo al Campidoglio per avere dei chiarimenti - racconta disperata la signora De Rienzo - ma nessuno ci ha mai degnato di una risposta. La verità che al sindaco di noi non gliene importa nulla, pensa solo alle inaugurazioni».
La spiegazione, o meglio lo «scandalo», secondo il consigliere comunale di An Marco Marsilio sta nelle cosiddette «unità libere», ossia quelle vuote non-opzionabili (vanno all’asta) che la legge sulla dismissione degli immobili (la n.139/2001) detrae dall’insieme delle unità vendibili (e quindi dalla percentuale di sconto), alla stregua degli appartamenti occupati dalle «categorie sociali», le fasce protette che hanno diritto di rimanere in affitto senza comprare la casa. Fatto sta che le unità libere a via Cialdini sono sei, tutte e sei occupate abusivamente. «Da questa situazione, si è creata un’interpretazione distorta della normativa in materia - afferma Marsilio - tendente a includere le unità occupate abusivamente tra quelle vendibili che concorrono a determinare la percentuale d’acquisto. Un’interpretazione - aggiunge - che penalizza ingiustamente gli inquilini acquirenti, esponendo tra l’altro il Campidoglio al concreto rischio di contenziosi e ricorsi con future azioni risarcitorie. Gli appartamenti occupati abusivamente, infatti, non potendo essere opzionate dai residenti sono un ostacolo al raggiungimento dei coefficienti dell’80 per cento di acquisto che danno diritto alla riduzione del prezzo di vendita».
«Per correggere questa ingiustizia - conclude Marsilio - gli stabili occupati abusivamente vanno assimilati alle unità libere e quindi esclusi (non aggiunti) al numero di appartamenti opzionabili e messi direttamente all’asta». A tale fine, oggi Marsilio presenterà una proposta di delibera per «specificare» il senso del termine «unità libera» contenuto nella delibera n.221/2004. Difficilmente, tuttavia, la proposta andrà in porto. Il Dipartimento III (responsabile del patrimonio comunale) ha già espresso parere negativo. Primo motivo: il Comune, avendo ceduto nel giugno 2005 gli immobili a una società privata (la Campidoglio Finance) ora impegnata a battere cassa presso gli inquilini per rientrare dei soldi spesi, commetterebbe una violazione contrattuale e metterebbe a repentaglio i programmi d’investimento per l’edilizia popolare. Insomma, rischierebbe dei contenziosi. Secondo motivo di «bocciatura»: la modifica andrebbe a vantaggio degli inquilini «portatori di interesse e diritti privati» mentre lo scopo ultimo dell’amministrazione capitolina è «l’interesse pubblico». In poche parole, gli inquilini «abusivi» hanno più diritti di quelli regolari.

In aula, Marsilio farà un appello a non tenere conto di tale parere: «Veltroni truffa gli inquilini, preferisce far pagare di più gli immobili piuttosto che eseguire gli sgomberi». Specie quando il caso di via Cialdini non è l’unico: «La stessa cosa sta succedendo anche in un immobile di San Giovanni» aggiunge la signora De Rienzo. E chissà in quanti altri quartieri di Roma.

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