Berlino - Nel suo libro La Festa è finita in cui analizza mode e tendenze delle nuove generazioni tedesche, lo scrittore Peter Hahne si domanda se «la Germania di oggi può ancora definirsi un Paese cristiano o se non sarebbe più esatto dire che la Germania è un Paese prevalentemente ateo dove convivono varie minoranze religiose». Un dubbio, quello di Hahne, largamente condiviso da sociologi e opinionisti che nasce non tanto dall’avanzata dell’Islam quanto dal ruolo sempre più marginale che le Chiese cristiane, quella cattolica e quella evangelica, esercitano nella vita del Paese. Secondo il più grande sondaggio sulla religiosità dei tedeschi, promosso nel 2006 dal canale televisivo Zdf e dal settimanale
Stern su un campione di 356 mila cittadini di fede cristiana, poco più del 5 per cento va in chiesa regolarmente e la stragrande maggioranza ammette di andarci una o al massimo due volte l’anno, a Natale e a Pasqua, più per abitudine che per convinzione religiosa.
Un dato che trova conferma in un fenomeno allarmante.
Nella terra del Papa un numero sempre maggiore di chiese cristiane sono costrette a chiudere per mancanza di fedeli e dei fondi necessari per sostenere le spese di manutenzione (si parla di 700 Chiese nei prossimi dieci anni). Nei prossimi dieci anni saranno sconsacrate settecento Chiese cattoliche e gli edifici verranno convertiti a usi prettamente terreni: ristoranti, parcheggi per auto, uffici, alberghi, centri per congressi, ricevimenti e matrimoni. La regione più colpita è la (un tempo) cattolicissima Renania, dove a Essen la diocesi ha deciso la chiusura di novantasei delle sue 350 chiese. Per gli evangelici la situazione è un po’ meno drammatica, ma soltanto perché dispongono di un numero inferiore di chiese. Il caso più clamoroso è quello della Sankt Raphael Kirche nel quartiere berlinese di Gatow che presto verrà abbattuta e il terreno sarà utilizzato per costruirci sopra un supermercato.
Il consumismo avanza, la religiosità indietreggia. Ma non tra i musulmani che vivono in Germania. Sul fronte dei seguaci di Maometto è tutto un fiorire di moschee e luoghi di preghiera, che sarebbero oltre 2.500. Alle 159 moschee già esistenti se ne aggiungeranno 128 nei prossimi anni di cui dieci nella capitale Berlino, la città più musulmana della Germania. Numeri impressionanti che sono comunque destinati a lievitare. Basti pensare che i musulmani in Germania sono, in base ai dati rilevati nel 2005, circa 3,3 milioni (il 4 per cento della popolazione) e che nel 2030 diventaranno 7 milioni.
Un altro segno del calo di religiosità tra i tedeschi si manifesta al momento della dichiarazione dei redditi. In Germania la kirchensteuer, la tassa per la Chiesa, è pari al 9 per cento dell’imposta sul reddito e viene destinata alla religione dichiarata dal contribuente. Ma non è una tassa obbligatoria, chi non vuole pagarla deve solo dichiararsi ateo e negli ultimi anni il numero dei tedeschi che hanno scoperto di non credere in nulla, almeno al momento di confessarsi con il fisco, è quasi decuplicato. Tempo fa Günther Jauch, noto presentatore televisivo, in un programma di quiz, inserì alcune righe sparse del Padrenostro chiedendo agli interrogati, tutti giovani, di metterle nell’ordine giusto: nessuno ci riuscì. Ancora più sconvolgenti furono le risposte alla domanda «che cosa è il Golgota». Ci fu chi rispose che era una crema, chi un dentrificio, chi un formaggio italiano.
Per non parlare di un sondaggio dal quale risultò che l’istituzione che ispira maggiore fiducia tra i tedeschi non è la Chiesa bensì l’Adac, l’organizzazione per il soccorso stradale (che in Germania funziona molto bene).
Un altro dato allarmante rilevato dal sondaggio della Zdf e da
Stern sulla religiosità dei tedeschi riguarda il Venerdì Santo. In tutti Länder è una festa religiosa, ma è anche uno dei giorni dell’anno in cui ristoranti, cinema, teatri, birrerie e locali di divertimento registrano l’affluenza più alta. Non sorprende quindi che molti si domandino se non sia meglio definire la Germania un paese prevalentemente ateo dove convivono varie minoranze religiose.