Fini chiede la testa di Berlusconi

Fini vuole consegnare il Pdl nelle mani del partito dei giudici. «Chi è indagato deve dimettersi da ogni incarico». Prima di lui solo Antonio Di Pietro ha teorizzato l’equa­zione indagato uguale colpevole, salvo non applicarla su se stesso, su suo figlio, sul suo compare De Magistris e sul suo candidato (perdente) governatore del­la Campania. Anche in questo Fini è si­mile a Di Pietro. Evidentemente, sicco­me il principio vale per tutti, il presiden­te della Camera vuole la testa di Berlu­sconi, che è pluri indagato e processato. Ma chissà perché, non ha mai chiesto quella del suo fido Italo Bocchino, cam­pione di legalità e moralismo, che lo scorso anno finì indagato nell’inchiesta Global Service con l’accusa di «illecita e sistematica aggiudicazione di appalti di servizi pubblici». L’elenco degli amici per cui Fini ha fatto e fa il garantista è lunghissimo. Dal suo segretario pluri in­quisito Francesco Cosimi Proietti, tut­t’ora deputato finiano, al governatore della Calabria, Giuseppe Scopelliti, bra­vo quanto sfortunato con la magistratu­ra. Per non parlare dell’appoggio che i finiani danno in Sicilia al governatore Raffaele Lombardo, nei confronti del quale i giudici hanno chiesto l’arresto per concorso esterno alla mafia. E non risulta che Fini si sia indignato che l’al­tro suo braccio destro, Fabio Granata, abbia accettato da Lombardo, cioè, stan­do al suo ragionamento, da un presunto mafioso, l’incarico di vicepresidente di Cine Sicilia, uno dei tanti enti inutili di­spensatore di poltrone e fonte di spre­chi (entrambe le cose a Granata evidentemente non fanno schifo). Insomma, se tutte le persone chiama­te in causa dalla magistratura dovessero lasciare la politica, Fini rimarrebbe an­cora più solo di quanto lo sia ora. E non avrebbe neppure fatto il politico perché figlio di uno dei leader più inquisiti della prima Repubblica, tale Giorgio Almiran­te. Quella di Fini è una vita segnata da compagni di viaggio indagati. L’unico dal quale ha preso davvero le distanze, divorziando, è l’ex moglie Daniela Di Sotto, coinvolta in una vicenda di tan­genti nella Sanità. La stessa che ha coin­volto il fratello, Massimo. Maestri, fedelissimi, segretari, mo­glie, fratelli.

Quella di Fini è una grande famiglia di indagati intoccabili. Sta dav­vero diventando un uomo di sinistra, quelli della morale sì ma doppia: una per loro, l’altra da usare contro i nemici politici. La sua uscita (o cacciata) dal Pdl pare sempre più vicina.

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