RomaAlla fine la buttano quasi sul ridere. E ne parlano come fosse una semplice «leggenda metropolitana». Forse lo sarà. Ed è probabile che non si arriverà mai alla fuoriuscita di Gianfranco Fini e dei suoi fedelissimi dal Pdl. «State tranquilli», è infatti linvito corale degli ex colonnelli, attovagliati ieri dal loro vecchio leader a Montecitorio, in un pranzo che sa tanto di armonia natalizia ma anche di «prova di fedeltà». Non avverrà niente, dunque. E non vedrà la luce neppure quella sorta di associazione di parlamentari finiani da riunire sotto l'avveniristico nome di «Pdl futuro»: ipotesi più soft rispetto alla costituzione di un vero e proprio gruppo autononomo. Ma allora perché - è la domanda che circola - martedì sera, fino a mezzanotte, i cellulari dei deputati un tempo di via della Scrofa abbiano iniziato a squillare di continuo, chiamati uno ad uno dagli allarmati ex capi-corrente, pronti ad intimare di non aderire al gruppo di scissionisti in vista di costituzione?
Mistero. Ma anche calcolo spicciolo, secondo i soliti maligni, che in mattinata, prima e dopo il voto di fiducia sulla Finanziaria, la mettono giù così: «Evidentemente, Fini ha capito di non avere i numeri necessari per formare un gruppo alla Camera». Nella fattispecie, venti. Ma ammesso che siano di più (cè chi giura che la conta abbia prodotto come risultato una ventina di deputati disposti a seguire ovunque linquilino di Montecitorio), va registrato un altro ragionamento: «Fini non è così sciocco da lanciare uniniziativa del genere a freddo, mentre tra laltro Silvio Berlusconi è ricoverato in una stanza dospedale. Semmai, gli conviene tenere il progetto a bagnomaria ancora per un po, come minaccia mascherata». Insomma, come fosse unarma nascosta nel cassetto. «Potrebbe tornare utile - analizza un deputato Pdl - agitarne il ricordo durante la trattativa per le Regionali».
Maligni, quindi. Perché se si rimane alle parole del diretto interessato, si tratta appunto di leggenda metropolitana. Magari come quella che racconta di «coccodrilli nelle fogne di Roma», rinforza Ignazio La Russa, che riassume: «Abbiamo discusso della necessità di non disperdere e non sprecare, allinterno di questa fase difficile dopo i fatti di Milano, loccasione e lopportunità per creare un nuovo inizio positivo, ripartendo con la maggiore condivisione possibile sul tema delle riforme, sul tema del clima politico». Su questo, aggiunge, «siamo tutti daccordo. E il vecchio gruppo di An deve essere compatto». Ma per essere chiari, quelle di un gruppo autonomo sono «voci senza senso, chiacchiere da cortile», secondo il finiano Amedeo Laboccetta, sempre convinto che «a Natale scoppierà la pace» allinterno del Pdl. Sul cui stato di salute, il presidente della Camera non si sbilancia: «Non sono né ottimista né pessimista, ma realista».
Nel frattempo, si torna al pranzo tra Fini e i colonnelli (La Russa, Maurizio Gasparri, Gianni Alemanno, Altero Matteoli), allargato ad Andrea Ronchi, Adolfo Urso, Italo Bocchino, Donato Lamorte e Andrea Augello. Loccasione giusta, per il padrone di casa - che rivendica di essere lunico titolato a trattare con il Cavaliere, con cui si confronterà presto - per fare chiarezza nel rapporto interno tra ex e verificare la fedeltà alla vecchia causa di ciascuno dei presenti. «Siete con me o contro di me?», è la domanda chiave. Perché in tutta onestà, «non siamo mica condannati a stare insieme...».
Due le direttrici del suo pensiero. La prima: constatare se gli uomini in quota An allinterno del Pdl, negli organi di partito, nei posti chiave in Parlamento e nel governo, rispondano ancora alla rappresentanza reale del 30%, previsto nellorganigramma di inizio legislatura. La seconda: «Far valere le posizioni e i valori di An» nel confronto con la Lega, che rischia di allargarsi sempre più al Nord. Due punti su cui i colonnelli, quantomeno a parole, si allineano. Pur rivendicando però che la loro azione «ha inciso eccome finora nellazione di governo, anche più di Forza Italia», e chiedendo a Fini di «evitare nuove fughe in avanti da parte di Farefuturo o di singoli deputati». Rimostranza che pare condivisa da Fini, a cui i presenti fanno però notare: «Le tue ultime mosse ci hanno spiazzato».
«Se son rose fioriranno», azzarda uno dei presenti.
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