FiumicinoNel primo scalo della Città Eterna, ora, qualcuno sta pensando di ingaggiare un bravo esorcista. Domenica scorsa, la prima delle partenze sul serio di massa, è andato in scena il calvario versione overbooking, con laeroporto messo sotto scacco dalla sovrabbondanza di prenotazioni per lo stesso imbarco. Ieri, a cavallo dellora di pranzo e con riverberi fino al tardo pomeriggio, la scena si è ripetuta per cause diverse, ma con esiti tristemente identici: check in fermi al palo, code scomposte e smisurate, hostess e addetti costretti a stringersi nelle spalle e scusarsi in ogni lingua conosciuta. Di più: settanta voli Alitalia in ritardo, alcuni di ore, e decine di altre compagnie; passeggeri furenti e costretti al bivacco improvvisato, isolati però frequenti attimi di rabbia. Peggio: minacce di denunce, risse sfiorate e subito sedate.
La colpa, stavolta, non è della presunta ingordigia dei vettori dellaria, ma di un certo «Arco», il sistema automatizzato che gestisce le prenotazioni e consente laccettazione di passeggeri e bagagli. Per capirci, è quello che associa il codice di ogni biglietto, il famoso Pnr, al nostro nome. Sempre lui sovrintende affinché la valigia arrivi al posto giusto e, si spera, al momento giusto. Arco, che è utilizzato dalla stragrande maggioranza dei vettori, a Roma viaggia su due linee di trasmissione Telecom, una principale e laltra di emergenza: per trenta minuti appena, ironia della sorte, sono saltate entrambe. È bastato per scatenare londa lunga del caos: «Sui terminali non vedevamo più nulla - spiegano al banco Alitalia - pur volendo non potevamo andare avanti. In tanti se la sono presa con noi, ma davvero non avevamo colpe». «In alcuni casi - fanno eco al desk di una low cost con malcelata soddisfazione - abbiamo potuto procedere manualmente, grazie alle liste cartacee». «È un fatto grave che non deve essere assolutamente sottovalutato», recita invece la scomunica di Vito Riggio, presidente dellEnac.
Nellera del tutto digitale, insomma, è stato sufficiente un piccolo intoppo per «fermare la macchina», evocando limmagine di Vitaliano Turrà, direttore Enac dellaeroporto di Fiumicino: «I ritardi - ha garantito - sono oscillati tra i 30 e i 60 minuti. Comunque non ci sono stati rischi per la sicurezza e posso garantire che nessuno è rimasto a terra».
Preoccupati, altro che rassicurati, i passeggeri. «Siete una vergogna», urla alla biondina intimorita del desk una signora di mezza età. «Dobbiamo avvertire in albergo che facciamo tardi, altrimenti daranno via la stanza. È il primo giorno di ferie, cominciamo proprio male», sbuffa Marisa, 32 anni. Il suo aereo per Londra, previsto per le 17.10, aprirà limbarco alle 20. Tre ore di ritardo. Non è uneccezione: i cartelloni luminosi del terminal B grondano noia e disagi. Nel dettaglio, quasi tre ore per Damasco, più di due per Bordeaux e Tirana, due esatte per Bratislava. Le comitive di giovani si arrangiano come possono, si abbrustoliscono al sole capitolino consolandosi con una birra ghiacciata. «Well wait», «aspetteremo», sibila con una smorfia Tina, danese, lasciando intuire che di alternative non ce ne sono. Il malcontento esplode invece allinterno, tra chi rimane stoicamente in fila nonostante i tempi di attesa non siano biblici ma poco ci manca. Le luci rimangono basse, laria è non proprio salubre, gli orologi, particolare un po inquietante, segnano tutti la mezzanotte. «Tengo docchio cosa succede almeno il posto a bordo non me lo soffia nessuno. È dalle undici che stiamo qui, sono cinque ore buone», sbotta Massimo, destinazione Istanbul. Ciascuno ha la sua ferita da esibire, la sua storia da raccontare che - giura - fa male più degli altri, reclamando sollievo e un posto vicino al finestrino con lo snack in mano. «Non ci potevo credere - biascica un giovanotto in giacca e cravatta, abbronzato e sudato - a un certo punto si è fermato tutto, ho visto scene di delirio collettivo».
Che brutto antipasto per un weekend in cui, solo a Fiumicino, sono previsti 225mila passeggeri in transito. È più che lecito fare gli scongiuri.
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