Un flop della giustizia che fa rabbia

Se davvero un assessore regionale, anche con una raccolta di firme sottobraccio, potesse rimuovere o mettere sotto tutela un magistrato, vivremmo in un altro tempo e in un’altra galassia. Che poi un assessore regionale ci provi comunque fa parte della sua strategia elettorale, ma questo è tutto un altro discorso.
Detto questo, va subito aggiunta una seconda cosa, altrettanto chiara e solare: il politico locale interpreta - o cavalca - un sentimento reale e diffuso. Da mesi e mesi la famiglia di Yara, che nel tempo si è sempre più allargata, fino a diventare grande come un’intera provincia, avverte un senso di vuoto, di impotenza, di rabbia sorda. Certo nessuno pensa che sia facile trovare questo maledetto assassino. Ma a seminare il senso di frustrazione non è la mancanza di un assassino: è la netta sensazione che non si stia facendo di tutto per trovarlo. Dopo le prime ore di caccia serrata, il furore investigativo lentamente si è affievolito. Quindi errori, approssimazioni, apatie, ritardi. E poi quelle dichiarazioni di stampo propagandistico, «siamo vicini, lasciateci lavorare, l’omicida ha le ore contate».
Abbiamo contato molte ore, da quella tetra serata del 26 novembre 2010. A livello d’inchiesta, ci ritroviamo nella stessa nebbia e nello stesso buio. Dicono gli esperti che si debba fare di tutto per prendere il colpevole subito dopo il delitto: ogni giorno che passa, poi, aumenta il suo vantaggio.

E la verità si allontana. Sono passati quattordici mesi: tutti intuiscono quanto ormai possa essere lontana. Il tempo corre di suo, ma è netta la sensazione che in molti l’abbiano usato male. O non l’abbiano usato proprio.

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