Gay, spinelli e pacifisti: giunte rosse in rivolta

L’orgoglio omosex mette Chiamparino contro la segreteria nazionale dei Ds

Giuseppe Salvaggiulo

da Milano

Tre manifestazioni organizzate da associazioni di sinistra. E tre amministratori locali dell’Unione che prendono le distanze, provano a limitarle o addirittura a impedirle. Con contorno inevitabile di polemiche.
Torino. Domani si svolge il raduno nazionale del Gay Pride con lo slogan «Uguali diritti: se non ora quando?» e gli organizzatori sparano contro Sergio Chiamparino. Il sindaco Ds ha motivato la sua defezione spiegando che, per essere presenti, occorre condividere tutti i contenuti della manifestazione.
Argomentazioni che non sono piaciuti agli organizzatori. «Incomprensibili», le definisce il coordinatore Enzo Cucco. «Il sindaco ci deve dire se a preoccuparlo sono i contenuti della nostra piattaforma politica, oppure le parrucche e la lunghezza delle gonne di chi sfilerà sabato al corteo. E ci deve spiegare perché il gonfalone va a tante manifestazioni, comprese quelle a cui partecipano cattolici fondamentalisti, decisamente ostili agli omosessuali, e alla nostra manifestazione non può venire».
Alla rinnovata sollecitazione a partecipare, Chiamparino risponde seccato: «La smettano di farmi inviti. La sfilata non rientra in quelle previste dalla città per il gonfalone, poiché non è nè una manifestazione istituzionale, nè ha caratteristiche simili alle manifestazioni del 25 aprile o del Primo maggio, nè è un evento particolare».
A quella di Chiamparino, si aggiungono le assenze dei presidenti di centrosinistra Antonio Saitta (Provincia) e Mercedes Bresso (Regione). «La classe politica di questa città - commenta Cucco - assomiglia un po’ alle mucche: fa il bolo composto da un misto di imbarazzo e di fastidio e ogni tanto lo sputa fuori. Deve, invece, dirci con chiarezza se vuole o no il Pride e se è no, cosa di questa manifestazione la infastidisce».
Ma non è solo questo il problema. Da una città che ha appena rieletto il sindaco di sinistra con il 65% dei voti, gli organizzatori si aspettavano un’accoglienza migliore da parte delle istituzioni. Invece prima hanno dovuto assistere alle polemiche interne all’Ulivo sul patrocinio del Comune, su cui ha fatto muro la Margherita. Poi hanno dovuto incassare le assenze eccellenti. Infine si sono sentiti dire no dal Comune alla festa finale nel parco della Colletta, per problemi legati all’inquinamento acustico. Unica consolazione: le adesioni di Fausto Bertinotti ed Emma Bonino (seguite ieri da quella della segreteria nazionale dei Ds), peraltro ritenute «inopportune» dalla Margherita.
Bologna. Sergio Cofferati prosegue la sua campagna sulla legalità che scontenta l’ala sinistra della coalizione. Il nuovo terreno di scontro è lo Street rave, manifestazione antiproibizionista che da un decennio raduna in questo periodo a Bologna fino a 70mila persone. Un appuntamento segnato da polemiche (decine di Tir attraversano il centro storico sparando musica mentre i partecipanti distribuiscono birra e droga), ma che nemmeno il sindaco di centrodestra Giorgio Guazzaloca aveva mai vietato.
Già l’anno scorso Cofferati aveva cercato di limitare i danni (156mila euro a carico del Comune) proponendo agli organizzatori di rinunciare al corteo per una manifestazione stanziale. Alla fine si era trovato un compromesso: corteo sì, ma senza entrare nel centro storico.
L’edizione del prevista per il 1° luglio ha riacceso lo scontro. Gli antiproibizionisti, spalleggiati da deputati di Verdi (Mauro Bulgarelli) e Rifondazione comunista (il leader del Leoncavallo Daniele Farina e il no global Francesco Caruso), rilanciano e chiedono piazza Maggiore. An e Lega rispondono annunciando una catena umana per difendere il centro storico. La Questura cerca una soluzione e Cofferati annuncia «fermezza». Rispondendo in Consiglio comunale a una sollecitazione di Forza Italia, ha mandato un messaggio alle autorità responsabili dell’ordine pubblico: «La mia opinione è nota. Non condivido in alcun modo, né sono disponibile come rappresentante di questa comunità, ad accettare in silenzio e passivamente decisioni in contrasto con le regole della convivenza, il cui rispetto deve valere sempre. Qui a Bologna come altrove».
Perugia. Il campo antimperialista, consueto raduno antiamericano e per la resistenza palestinese e irachena, quest’anno previsto dal 5 al 10 agosto, si prepara a cambiare sede. Al posto di Assisi, gli organizzatori hanno scelto l’ostello della gioventù dell’isola Polvese al lago Trasimeno. Ma l’isola è di proprietà della Provincia di Perugia, che è contraria. «Noi ci saremo ugualmente», rispondono gli antimperialisti.
Il presidente della Provincia Giulio Cozzari (Margherita) spiega: «La natura dell’evento contrasta con le norme statutarie dell’ostello che per regolamento non può ospitare manifestazioni con contenuti di propaganda politica».

Gli organizzatori, forti di un contratto già firmato con i gestori dell’ostello all’insaputa della Provincia, minacciano: «Se Cozzari continua in questo diniego, invece di andare lì con estrema tranquillità a discutere su questioni politiche, arriveremo da tutta Italia e faremo un gran casino».
«E questi - replica Cozzari - sarebbero i pacifisti di nuova generazione? Avvertiremo la questura, i carabinieri e vedremo che casino verrà fuori».

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