Più di sei miliardi di euro. Questa la spesa che lo stato dovrebbe affrontare se fosse costretto ad accogliere nella scuola pubblica tutti gli studenti che attualmente frequentano le scuole paritarie. Non solo. Un alunno di una scuola paritaria costa allo stato 584 euro all'anno, quello di una scuola pubblica 6.116.
Cifre che stanno a dimostrare come la libertà di scelta delle famiglie per l'educazione dei propri figli sia ancora un traguardo molto lontano nonostante la legge sulla parità scolastica, la 62 del 2000, abbia compiuto dieci anni. Fu un governo di centrosinistra a vararla quando era ministro della Pubblica Istruzione Luigi Berlinguer. Dieci anni dopo le associazioni di famiglie che scelgono le scuole paritarie ribadiscono che la "vera parità" non sarà mai raggiunta se ai doveri imposti alle scuole non statali non verranno affiancati i diritti, ovvero sovvenzioni economiche.
Il tema della parità scolastica è stato affrontato in un convegno a Montecitorio al quale hanno preso parte il presidente della Camera, Gianfranco Fini, il ministro dell'Istruzione, Mariastella Gelmini, il presidente dell'Agesc (l'Associazione dei genitori delle scuole cattoliche) Maria Grazia Colombo, il rettore dell'Università Lumsa, Giuseppe Dalla Torre, il presidente della Commissione Cultura di Confindustria, Alessandro Laterza e il professor Eugenio Mazzarella del Partito Democratico.
«Sostenere la parità scolastica non equivale affatto a intaccare il sistema statale dell'istruzione, ma significa contribuire alla crescita dell'offerta formativa in Italia, che rappresenta un diritto per i nostri giovani e un investimento per il sistema Paese», afferma Fini che sottolinea pure come la legge 62 sia comunque servita a scardinare molti pregiudizi.
«Se il principio della parità scolastica incontra, pur non senza discussioni e diversità di sensibilità, un ampio e trasversale accoglimento nella politica, nella cultura e nella pubblica opinione, così non era prima del varo della legge». sostiene il presidente della Camera. Il cammino però è ancora lungo. Fini prefigura una «possibile evoluzione del sistema scolastico paritario all'interno della società». Un processo, precisa Fini, che va inserito «nella più generale opera di ammodernamento e di rilancio del sistema nazionale dell'istruzione, che deve essere visto come un obiettivo strategico per il nostro Paese in un mondo come quello della competizione globale, in cui risulta decisiva la ricchezza rappresentata dal sapere, dalla ricerca e dall' innovazione».
É toccato poi al ministro Gelmini sottolineare come l' esistenza delle scuole paritarie garantisca un reale risparmio per lo Stato visto che per ogni iscritto a una scuola paritaria il contributo statale è pari a 584 euro annui a differenza dei 6.116 euro all'anno per ogni iscritto alle scuole statali.
«In Italia non siamo ancora arrivati a realizzare una piena parità scolastica -si rammarica la Gelmini- Spiace rilevare che le famiglie non sono mai state messe realmente in condizione di poter scegliere come e dove educare i propri figli senza vincoli economici all'interno del sistema integrato pubblico di istruzione». Ci sono motivazioni storiche chiare secondo il ministro che attribuisce questo ritardo «all'approccio ideologico avuto da una parte del Paese nei confronti di questo tema. Troppe volte ci si è divisi tra scuola pubblica e privata, troppe volte l'ideologia ha vinto sulla qualità della didattica.
Insomma la Gelmini tra pubblica e privata sceglie «la qualità dell'istruzione» ricordando comunque che anche le scuole paritarie svolgono un servizio pubblico pur essendo non statali.
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