Generali, ora Bollorè finisce nel mirino dei soci

Attese in assemblea critiche sul braccio di ferro degli ultimi mesi e sul ruolo del vicepresidente del Leone. Escluse, però, le sue dimissioni. Gli equilibri in cda e l’asse Tremonti-Palenzona. La governance è completata, Perissinotto in Mediobanca. Verso un consiglio "leggero"

Generali, ora Bollorè finisce nel mirino dei soci

di Marcello Zacché nostro inviato a Trieste

Probabilmente un anno fa nessuno avrebbe immaginato che le Generali si sarebbero pre­sentate all’assemblea di oggi a Trieste senza Cesare Geronzi, il presidente romano salito al so­gl­io della presidenza proprio nel­l’assemblea del 2010, ma dimes­sosi il 6 aprile scorso dopo soli 347 giorni e gli ultimi mesi vissu­ti tra polemiche e litigi mai visti prima all’interno del consiglio della compagnia. Ma tant’è: og­gi a dirigere i lavori ci sarà Gabrie­le Galateri, presidente non scel­to dai soci, ma cooptato dal cda dell’8 aprile. E per lui non sarà un esordio facile: di fronte al 50% del capitale atteso nella sala dell’assemblea (e tra questi ci sa­rà il record storico del 9% di pre­senze di investitori istituziona­li), Galateri dovrà gestire una se­rie­di interventi pesanti di soci in­viperiti per come le cose della compagnia siano finite sotto i ri­­flettori dei media negli ultimi 4 mesi. Non solo scontri persona­li, ma perfino la stesura integrale del contratto di vendita del grup­po ceco Ppf, per la gioia dei con­correnti che ne hanno appreso particolari inediti leggendo i giornali. Per questo sembra che non mancheranno dalla platea inter­venti che, una volta sparito Ge­ronzi, avranno come obiettivo il vicepresidente Vincent Bollorè, in prima fila nel criticare il group ceo Giovanni Perissinotto per l’operazione Ppf,fino a ipotizza­re falsi contabili e ad astenersi in cda sul bilancio 2010 che verrà oggi votato dai soci. Bollorè, nel cda preparatorio di ieri, non ha aperto bocca con la stampa ed è apparso cupo. Certo non deve aver gradito l’articolo del quoti­diano francese Les Echos , che metteva a nudo la posizione di impasse nella quale il finanziere bretone è ora in Italia, dove ha investito 700 milioni senza por­tare a casa molto nella filiera Me­diobanca­ Generali: nella pri­ma, almeno per ora, resta azioni­sta stabile e strategico, ma nella seconda, dopo aver litigato con l’ex presidente Antoine Bernhe­im, e poi con quasi l’intero cda, appare più isolato che mai. Inol­tre, secondo Les Echos , contro Bollorè avrebbe preso posizio­ne anche Tremonti che, nell’am­bito della sua battaglia politica, appoggiata dalla Lega, contro le scorribande francesi in Italia, sa­rebbe impegnato a stringere un rapporto più fitto con il mondo di Unicredit (primo socio di Pia­­zetta Cuccia) e con il suo vicepre­sidente Fabrizio Palenzona. In ogni caso ieri venivano smentiti scenari apocalittici quali le di­missioni di Bollorè: hanno riferi­to fonti vicine ai grandi soci. Né ci sarebbe l’intenzione del fran­cese di tenere alti i toni. Dunque in assemblea ci sarà «rumore», ma senza conseguenze. Alme­no nell’immediato. Il cda di ieri ha completato il quadro della nuova governance nata con l’uscitadi Geronzi. Ga­lateri sarà presidente del comita­to corporate governance, e Oli­viero Pessi il nuovo segretario del consiglio dopo l’uscita di An­tonio Scala, voluto da Geronzi. All’esame anche le regole di par­tecipazione ai patti di sindacato a cui partecipa Generali, che se­guono lo schema del cda: chi sie­de nel consiglio della partecipa­ta, va anche nel patto. Per cui Agrusti è destinato a sedere in quello di Rcs, e Perissinotto in Mediobanca e Pirelli.

Nessuna decisione invece sul posto in cda, rimasto vacante do­po le dimissioni di Ana Botin, ma si profilerebbe un board «leg­gero » a 17 componenti. Nessu­na decisione nemmeno sull’au­mento di capitale di Intesa: al­meno formalmente non spetta al cda, ma ai gestori che hanno in carico le azioni.

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