Nella sua Genova ha sfiorato i 100mila voti: sul totale di 653 sezioni cittadine, Beppe Grillo, leader riconosciuto (e trionfante) del Movimento Cinque Stelle ha ricevuto 99.129 voti, pari al 30,4 per cento. Meglio di lui, nel capoluogo, ha fatto solo la lista del Pd : 108.080 voti, il 33,1 per cento. Si conclude così, per il comico, ma ormai politico a tempo pieno, una lunga giornata iniziata con l'arrivo al seggio 617 dell'Istituto agrario Marsano di Sant'Ilario, a 150 metri da casa, dove il fondatore di M5S ha votato poco dopo le 11, accompagnato dalla moglie di origine iraniana Parvin Tadjk e dal figlio Rocco. Ad attenderlo all'esterno della scuola una ventina tra cameraman, fotografi e giornalisti. E lui, questa volta, da perfetto animale da palcoscenico, non si nega a microfoni e telecamere, che fino a ieri gli facevano venire l'orticaria: «Seguirò i risultati dal mio orto, non riesco più a fermare la crescita della lattuga che mi scappa da tutte le parti» è l'esordio. Poi si allontana, ma per poco: come fosse una mossa studiata ad arte (istrionesca), s'accorge di essere uscito dal seggio con la matita copiativa in mano.
A questo punto, dietro front e ritorno sui suoi passi per restituire la matita alla presidente della sezione elettorale che non s'è ancora accorta di nulla. C'è il tempo per un'altra battuta: «È rimasto il segno, non ci sono brogli, era copiativa». E ancora: «Quasi quasi votavo Casini... Poi, no, ho votato d'istinto». Pronto a festeggiare? «Qui c'è poco da festeggiare - replica -. Avendo a che fare con dei partiti cimiteriali, cosa festeggi? La vittoria su un morto?. Qui c'è un Paese in macerie da ricostruire dalla base. Questa è una rivoluzione di civiltà, se non altro noi portiamo gente onesta in Parlamento. Questo voto cambierà un po' la storia del Paese, vedremo come». Ormai assapora il gusto della vittoria ed è un fiume in piena. Dalle urne, gli chiedono, uscirà un Parlamento talmente diviso da rendere il Paese ingovernabile? «Ma quale ingovernabilità! Ma non avete ancora capito che l'ingovernabilità è il sistema avuto finora, è quella fatta da finti economisti, finti politici. La gente ha capito voltando le spalle a qualsiasi partito, ha capito che noi siamo la possibilità di mettere cittadini dentro al Parlamento in forma pacifica, senza violenza, con persone incensurate. Meglio di questi politici, basta che ci metti Qui, Quo Qua». Si schermisce: «Io non sono un politico, sono soltanto una persona che dà una mano, controlla, esercita la funzione di garante». Torna a casa, spuntano i risultati dello scrutinio, ed è subito assedio sotto le finestre, ma lui resta «barricato». L'unico commento è quello di una delle figlie, Valentina: «Sono contenta». Basta così. Sono passati i tempi di quando Grillo era chiamato «Giuse», e il suo primo palco da cabaret era una panchina a San Fruttuoso. Lui, negli anni Sessanta faceva parte del gruppo dei ragazzi di piazza Martinez. Un gruppo eterogeneo, nel quale, oltre a lui, sono cresciuti futuri comici come Orlando Portento e Roberto Carletta. I «ragazzi» passavano il tempo soprattutto a «prendere in giro chi passava». E Giuse era il più rapido nella battuta. Lo conferma Carletta: «Se qualcuno gli rispondeva per le rime lui lo fulminava».
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