Metrò, ritardo da record Per finirla ci sono voluti cento anni di chiacchiere

Metrò, ritardo da record Per finirla ci sono voluti cento anni di chiacchiere

«Da parecchio si buccina a Genova di una ferrovia sotterranea e noi abbiamo già avuto occasione di scriverne. Non sarà la metrò di Parigi, né saranno i tre ordini sovrapposti di ferrovie che solcano vertiginose gli apogei tenebrosi e profondi di Londra. Ma sarà un servizio adatto alle più modeste esigenze della città nostra».
Così scriveva il Corriere Mercantile nel 1911 ricordando che già due progetti erano stati presentati. Il Comune di Genova aveva in quegli anni nominata un'apposita Commissione con l'incarico di studiarne la fattibilità, dopo che già dal 1907 era stata avanzata una richiesta di concessione per una linea sotterranea «Sampierdarena - Sturla».
Mentre la Commissione genovese valutava il da farsi, nel 1913 il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici approvava il progetto «Ravà - Adorno», senza oneri per lo Stato, in cambio di una concessione della durata di 70 anni. La linea sotterranea, partendo dalla Stazione di Sampierdarena, attraverso il centro cittadino, avrebbe dovuto terminare in prossimità dello scoglio di Quarto, vicino all'allora erigendo Monumento ai Mille. A questo piano, finanziato da privati ed approvato dallo Stato, s'interpose il Comune di Genova imponendo un suo progetto che, in breve tempo, avrebbe collegato Sampierdarena con Piazza De Ferrari. L'esecuzione del progetto, probabilmente affidata a qualche altra Commissione Municipale, fu subito rinviata e, con lo scoppio del primo conflitto mondiale, entrò nuovamente nell'oblio.
Del metrò se ne riparlerà solo negli anni '30, sotto la guida del marchese Bombrini, allora Podestà di Genova. La città si stava sviluppando e le esigenze di far fronte ad una crescente esigenza di viabilità si facevano sempre più pressanti. Per cui il Podestà pensò bene di affidare uno studio ad una Commissione Comunale per la creazione di una ferrovia o tranvia metropolitana con percorso sotterraneo.
Gli avvenimenti bellici, questa volta dovuti al secondo conflitto mondiale, determinarono la conseguente sospensione anche di questo progetto.
Terminata la guerra, nel 1946, l'Amministrazione Comunale genovese deliberò la costituzione di una nuova Commissione, guidata dal Consigliere Accame e da alcuni rappresentanti dell'Uite (oggi Amt). L'Azienda Tranviaria, infatti, teneva ad assumere l'iniziativa per il timore di essere soppressa.
Nel 1950 un progetto di costruzione per una rete metropolitana fu presentato dalla Scui (Sviluppo Comunicazioni Urbane e Interurbane), che si rese disponibile a finanziarne anche i lavori senza richiederne l'esercizio. Contestualmente si aggiunse anche un progetto da parte del marchese Cattaneo Adorno, ma che prevedeva, insieme alla costruzione, anche la gestione.
Il sindaco Adamoli, in quel periodo, ricevette diversi progetti e ritenendo necessario raccogliere dati tecnici sul traffico stradale e sui trasporti urbani, ritenne utile nominare la solita «apposita Commissione». Due anni dopo, la Commissione arrivò alla conclusione che il tracciato più conveniente, in termini di traffico e viabilità, fosse quello fra Sturla e Pegli, per una lunghezza di quindici chilometri.
Negli anni che seguirono, l'Uite mise a punto uno studio per una rete ferroviaria sotterranea, nelle tradizionali direttrici: Voltri-Nervi, Val Bisagno e Val Polcevera. Tuttavia il progetto per una metropolitana non riusciva a decollare, impedito, forse, dalle pastoie burocratiche e da una congenita miopia della classe politica.
Il Comune di Genova, invece, fu molto sollecito quando alla fine degli anni Cinquanta, nel promuovere «l'Operazione Rotaie», deliberò la graduale eliminazione del sistema tranviario cittadino. Una decisione, questa volta, presa senza l'ausilio di un'apposita «commissione». Milano, Roma, Torino e Napoli, ad esempio, non rinunciarono a questo mezzo di trasporto. A Genova, invece, l'ultimo tram concluse la sua corsa verso il deposito delle Gavette il 27 dicembre 1966.
Nel 1968, ritornando ciclicamente d'attualità il tema del metrò genovese, l'ennesima commissione arrivò ad una conclusione rivoluzionaria: utilizzare le linee ferroviarie obsolete. Un'idea che di per sé poteva avere anche delle buone ragioni, ma che, invece, fornì alla burocrazia comunale un ottimo pretesto per procrastinare ancora una volta la realizzazione di un «normale» progetto.
Mentre il Comune di Genova continua a formare «commissioni», Milano e Torino presentavano i loro progetti per utilizzare i benefici previsti dalla legge 1042 (1969) con la quale lo Stato assicurava un notevole aiuto finanziario, finalizzato alla realizzazione di ferrovie metropolitane.
Quando finalmente anche Genova riuscì negli anni '70 ad entrare nel programma delle opere da finanziare, i costi del progetto incominciarono inspiegabilmente a lievitare: dai 100 miliardi stimati nel 1971 si arrivò rapidamente ai 600 del 1973. Tuttavia, nel 1974, il Consiglio Regionale della Liguria (nel frattempo erano nate anche le Regioni) approvò il Piano dei Trasporti Pubblici che comprendeva, sia la metropolitana urbana e sia quella regionale. Un progetto «faraonico», come fu definito dall'opposizione e dai sindacati che non lo ritenevano prioritario. Per evitare ogni problema, nonostante la delibera della Regione, il Comune cancellò definitivamente dal Piano Regolatore il progetto per una rete metropolitana a Genova. A quel punto, tutto ricominciò daccapo: questa volta anche senza i tram.
Agli inizi degli anni '80, il Comune di Genova si rese conto che il sistema del trasporto pubblico, alla luce anche dell'esponenziale crescita del traffico cittadino, era ormai diventato inadeguato ai tempi. L'antica galleria di Certosa, dopo l'eliminazione della linea tranviaria Rivarolo - Dinegro, era stata utilizzata per un servizio di autobus, con le immaginabili conseguenze per la salute degli autisti e dei passeggeri. Nel 1983 l'Amministrazione Comunale, dovendo sospendere tale servizio, pensò di sostituirlo con una linea tranviaria per la tratta Rivarolo - Principe, utilizzando per l'appunto la galleria di Certosa. Tre anni dopo il primo lotto di questi lavori fu affidato alla società Ansaldo.
Tuttavia, uno studio più approfondito convinse il Comune che sarebbe stato preferibile modificare questo progetto, sostituendolo con quello di una metropolitana leggera. Convincimento dovuto anche ai copiosi finanziamenti pubblici in arrivo, per i Mondiali di Calcio del 1990 e per l'Expo colombiana del 1992.
La prima tratta del metrò genovese, Brin - Dinegro, fu consegnata nel 1990. Un percorso di circa 2600 metri che utilizzò in parte (di fatto devastandola) la gloriosa galleria di Certosa. L'inaugurazione dell'Esposizione Colombiana non vide l'arrivo della metropolitana nella zona dell'Expo, ci si dovette accontentare dei 600 metri del collegamento Dinegro - Principe, peraltro solo in prossimità della Stazione ferroviaria. Dopo solo 3.200 metri percorsi, la metropolitana si fermò nuovamente, questa volta a causa dello scandalo di «Tangentopoli». Inoltre l'Amministrazione Comunale, «bruciati» i finanziamenti per i grandi eventi, e sprofondata in contenziosi di natura giuridica, ebbe l'ennesimo ripensamento sull'effettiva utilità di questo progetto.
Dopo una pausa di altri sei anni, i lavori per il metrò ripresero nel 1998. Dopo un'ulteriore sospensione, avvenuta fra il 1999 e il 2000, i lavori ripresero propulsione, grazie anche ai provvidenziali finanziamenti per il vertice G8 del 2001. Fra il 2003 e il 2006 furono inaugurate le stazioni di Darsena, San Giorgio, Sarzano e De Ferrari.


Quasi un secolo dopo l'istituzione della prima Commissione per la realizzazione di una linea metropolitana a Genova, la linea oggi in costruzione a Natale 2012 è arrivata a Brignole, seppure la stazione di piazza Corvetto resta per il «momento» ancora in discussione.

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