Germania, passaporto con impronte digitali

Il governo: più facile controllare chi facciamo entrare in casa

da Berlino

Dopo aspre battaglie tra chi privilegia la privacy sulla sicurezza e chi invece ritiene che vale la pena di sacrificare un po’ di privacy in cambio di più sicurezza, arriva in Germania il passaporto elettronico della seconda generazione, di cui dovranno essere dotati tutti i cittadini tedeschi. Un documento che secondo gli esperti non può assolutamente essere falsificato, e chi ci prova sarà scoperto al primo controllo in pochi secondi.
La novità, che ha suscitato polemiche, consiste in un dato in più che i cittadini dovranno fornire al momento di richiedere il passaporto: le proprie impronte digitali, che verranno registrate elettronicamente. L'operazione è molto semplice. Prima con l’indice della mano destra poi con quello della mano sinistra, dovranno premere un tasto rosso che produrrà due minuscoli chip, simili a quelle di un cellulare, che verranno affrancati al passaporto in un modo da non poter essere rimossi. I due chip contenenti le impronte digitali non potranno essere letti a occhio nudo ma solo con strumenti tecnologici speciali. In caso di sospetti la polizia potrà controllare se le impronte depositate nei chip corrispondono a quelle reali del titolare del passaporto: se non coincidono quel passaporto è falso.
Da oggi il deposito delle impronte digitali è obbligatorio per tutti i tedeschi che devono rinnovare il passaporto. Chi invece ha un passaporto ancora valido per alcuni anni, dovrà depositarle alla scadenza. Gli unici esentati sono i bambini al di sotto dei sei anni, l’età minima per avere un qualsiasi documento di identità. Nel presentare la novità, il ministro dell’Interno Wolfgang Schäuble ha ricordato che la Germania è il primo Paese a introdurre il passaporto con le impronte digitali e si è augurato che presto anche gli altri paesi dell’Unione europea seguano l’esempio tedesco. «Quando questo avverrà, sarà più facile controllare chi ci portiamo in casa. I fatti criminali degli ultimi anni ci insegnano che a causa dell’impossibilità di controllare l’autenticità dei documenti di riconoscimento molto spesso abbiamo aperto le porte a soggetti detentori di documenti falsi, che poi si rivelati terroristi o immigrati clandestini».
Già due anni fa la Germania introdusse il passaporto elettronico della prima generazione, la cui caratteristica consisteva in una foto digitale che focalizzava una serie di dati biometrici: distanza tra gli occhi, altezza della fronte, lunghezza del naso ecc. Dati che però, secondo gli esperti, possono cambiare con gli anni, e quindi non danno sufficienti garanzie per scoprire i documenti falsificati. Di qui l’idea di aggiungere le impronte digitali, considerate quanto di più personale e inalterabile abbia un individuo. Ma non è stato facile, e solo dopo un compromesso tra le forze politiche si è arrivati al passaporto con le impronte. Il progetto iniziale, avviato dal precedente ministro dell’Interno, Otto Schilly, socialdemocratico, prevedeva che le impronte venissero custodite in un archivio centrale della polizia. In questo modo il confronto sarebbe avvenuto tra le impronte reali di un cittadino sospettato e quelle archiviate sotto il suo nome.
Ma proprio una parte del partito di Schilly, oltre ai verdi e ai liberali, si erano opposti, perché la creazione di un archivio centrale delle impronte avrebbe dato l’impressione che tutto il Paese fosse schedato. Si ripiegò così sui chip inseriti nel passaporto, il cui scopo è di dare un’informazione in più sulle caratteristiche di una persona. La soluzione però continua a dividere partiti e opinione pubblica. Secondo il capo dell’organismo federale che tutela la privacy, Peter Schaar, non ci sono sufficienti garanzie sull’uso delle impronte una volta registrate elettronicamente. In altre parole c’è il sospetto che l’archivio centrale delle impronte, tanto osteggiato dai difensori della privacy, venga ricostituito di nascosto.
Dubbi anche sulla capacità dei chip di resistere a eventuali manipolazioni da parte dei geni dell’informatica.

Secondo più di un giornale tedesco, non è escluso che fra qualche anno gli hacker, che sono riusciti a violare gli archivi segreti del Pentagono e recentemente in quelli della cancelleria di Berlino, riusciranno anche a intervenire sui chip alterando le impronte a loro piacimento. Ciò che conta, comunque, è che per il momento la Germania ha scelto più sicurezza, anche a costo di sacrificare un po’ di privacy.

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