Nelle intenzioni dei terroristi, due tedeschi convertiti all’Islam e un turco residente in Germania, tutti e tre arrestati, tutti e tre appartenenti a una cellula dell’Unione della Jihad islamica e tutti e tre con un passato in Afghanistan e Pakistan, i 730 chili dovevano servire a organizzare una serie di attentati in contemporanea in luoghi frequentati da americani nell’area compresa tra l’aeroporto di Francoforte e la vicina base militare di Ramstein, la più grande base degli Usa in Europa. Lo scopo evidente era quello di provocare più morti possibile. E in un momento carico di significati politici. Tra poco ricorre il sesto anniversario dell’11 settembre, il giorno della strage delle Torri gemelle, e tra poche settimane inizierà al Bundestag il dibattito sul rifinanziamento della missione tedesca in Afghanistan, dove la Germania è presente con tremila soldati, il contingente più numeroso dopo quelli di Stati Uniti e Gran Bretagna.
L’azione delle teste di cuoio è scattata nelle prime ore del pomeriggio di martedì a Oberschledorn, piccolo centro del Land della Vestfalia-Renania del nord, ma la notizia è stata tenuta segreta fino a mercoledì per non intralciare le perquisizioni che il Bka, la polizia tedesca, ha effettuato subito dopo il blitz nelle abitazioni di cittadini sospetti. Durante le perquisizioni sono state fermate otto persone attualmente tutte indagate per legami con il terrorismo islamico. I tre arrestati, tutti residenti in Germania, erano da tempo sotto osservazione. Due di loro, i due tedeschi convertiti, Fritz G. e Daniel Martin S., erano stati fermati dalla polizia perché la notte di Capodanno si aggiravano presso la base di Ramstein. Se la cavarono dicendo che erano da quelle parti per osservare da lontano i fuochi d’artificio. La polizia li rilasciò ma si insospettì e da allora incominciò a seguire le loro mosse, a intercettare telefonate e contatti via internet, a frugare nel loro passato. Scoprì che entrambi erano stati in un campo di addestramento nelle zone tra Pakistan e Afghanistan controllate dai taleban e che spesso telefonavano in Uzbekistan.
I sospetti aumentarono quando la polizia scoprì che i due erano in contatto con un turco di Ulm, il terzo arrestato, Adem Y., che i servizi già tenevano d’occhio perché considerato legato al movimento fondamentalista in Germania. Il punto di incontro dei tre era un appartamento di Oberschledorn, lo stesso dove veniva custodito l’esplosivo. Prima di intervenire le teste di cuoio hanno preso le loro precauzioni.
Temendo un conflitto a fuoco che avrebbe potuto provocare la detonazione dell’esplosivo, nei giorni precedenti al blitz, approfittando dell’assenza dei terroristi, avevano provveduto aa annacquare parzialmente il perossido di ossigeno. Il capo del Bka, Jörg Ziercke, ha detto che dai primi interrogatori è risultato che i tre appartengono a un movimento denominato Unione della Jihad islamica ma ha ammesso che di questo movimento i servizi tedeschi sanno poco. Sembra che abbia la sua centrale di Uzbekistan (e questo spiegherebbe le telefonate) dove forte è la penetrazione di al Qaida. Se lo scopo dell’organizzazione terroristica era quello di creare un clima di panico per scoraggiare il prolungamento della presenza tedesca in Afghanistan, il risultato è stato l’opposto. Ieri sera la Cancelliera Merkel ha rilasciato una lunga intervista che non lascia dubbi sulla volontà tedesca di continuare la missione. «Rimarremo in Afghanistan ancora per alcuni anni perché è in gioco non solo il futuro di quel Paese ma anche la nostra sicurezza. L’attentato sventato dai nostri servizi dimostra che il pericolo del terrorismo islamico non è astratto ma concreto e vicino».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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