da Busto Arsizio
Se le vie del Signore sono infinite, quelle del film di Claudio Malaponti, 7 km da Gerusalemme, sono talvolte impervie. Pellicola davvero anomala quella del regista milanese, che si sottrae al politicamente corretto per esprimere ciò che è più nobile, raccontando la vicenda di un pubblicitario quarantenne, in crisi professionale ed esistenziale, che incontra Gesù, esprimendogli i dubbi e gli interrogativi che ognuno può porsi.
Prodotto da Graziano Prota con Artica Motion Pictures, il film è stato girato in gran parte in Siria e venerdì arriverà sugli schermi italiani. Tratto da un romanzo di Pino Farinotti, la pellicola ha innescato un meccanismo dialettico inaspettato con le autorità siriane, che hanno espresso apprezzamento per la figura di Gesù, onorato dall'Islam anche se non come figura divina.
Prima della presentazione al Festival di Busto Arsizio, Benedetto XVI aveva visto il film, commentando: «Auspico che la produzione filmica possa accrescere negli spettatori l'amore verso Gesù figlio di Dio e la conoscenza della ricchezza del suo messaggio, suscitando in tutti propositi di bene e di impegno cristiano». Nel frattempo il film ha vinto la quinta edizione del Festival, la cui giuria era presieduta da Krzysztof Zanussi.
7 km da Gerusalemme ha infatti una qualità inusitata nel cinema italiano, afflitto da vari minimalismi, da una prudenza legata alle questioni politiche interne, dalla disparità degli stili di vita, dai collegamenti con la cronaca spicciola che trasformano i piccoli eroi del pettegolezzo in semidei.
Però una scena del film - Gesù sorseggia una Coca-Cola e il suo interlocutore gli dice: «Che testimonial saresti!» - ha provocato la reazione della Coca-Cola Italia, il cui ufficio legale ha scritto alla produzione del film: «Chiediamo espressamente l'eliminazione di qualunque riferimento al marchio Coca-Cola dalla scena interessata. A nostro giudizio, infatti, si tratta di una scena che potrebbe avere un ritorno di immagine negativo per il marchio in questione». Sarà.
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