Caro direttore, mi rivolgo tramite il Giornale ai parlamentari della Casa delle libertà perché con urgenza sostengano la giusta causa per la quale Marco Pannella sta compiendo l'ennesimo, e drammatico, sciopero della sete. In ballo è una questione di equità che riguarda tutti perché incide sul momento culminante della vita democratica, le elezioni politiche generali.
Al di là delle argomentazioni contorte, non c'è chi non veda l'assurdità dell'obbligo della raccolta delle firme imposto alla Rosa nel pugno, che non è il simbolo inventato da un gruppetto che vuole entrare per la prima volta nelle istituzioni, ma il contrassegno storico di radicali e socialisti democratici che hanno rappresentanti nei tre rami del Parlamento, Camera, Senato ed Europa.
Lo spirito della norma che prevede la raccolta delle firme sulle liste elettorali complete di candidati è di impedire opportunamente la proliferazione di soggetti elettorali privi di radicamento nel Paese. Ma ciò, evidentemente, non è il caso di radicali e socialisti, a prescindere dal giudizio che si dà sulla loro collocazione politica.
Vi è una doppia iniquità nella richiesta delle firme per la Rosa nel pugno: perché determina un handicap negativo rispetto a tutte le altre liste che non hanno l'obbligo di raccogliere le firme, e perché costringe i radicali e i socialisti a completare le loro candidature con largo anticipo rispetto agli altri concorrenti.
Quando si verifica una così palese ingiustizia elettorale, che sarebbe rilevata da qualsiasi organo costituzionale nazionale o internazionale che esaminasse il merito della questione, non ne va di mezzo soltanto chi è direttamente danneggiato ma la stessa democrazia che nell'insieme viene indebolita.
L'errore fin qui compiuto può essere corretto in molte maniere. Con l'autoconvocazione del Parlamento per varare un provvedimento ad hoc come è richiesto con la raccolta delle firme in corso queste ore. Con un emendamento a uno dei decreti che hanno forza di legge anche dopo lo scioglimento delle Camere. Con un'interpretazione autentica della legge come sostiene Giuliano Amato che è fermamente convinto sulla base di rigorose valutazioni giuridiche che la Rosa nel pugno come tutte le altre liste debba essere esentata dalla raccolta. O addirittura con un ricorso del Parlamento al Consiglio di Stato per avere un parere interpretativo della norma nel senso dell'esenzione.
Poco importa quale strada sarà imboccata per rettificare un errore che può anche essere stato casuale nel colpire, oltre i gruppi di disturbo, anche due forze storiche. E poco importa il giudizio che si dà sul metodo nonviolento ma ultimativo dello sciopero della sete adottato da Pannella per mettere in crisi la coscienza dei politici. È invece importante che gli uomini di buona volontà, attenti alle regole della democrazia, affrontino con tempestività una questione che merita l'attenzione di quanti sono attenti al buongoverno.
Ed i parlamentari della Casa delle libertà, a cui mi rivolgo in particolare, possono essere decisivi nell'affrontare un caso di palese iniquità onorando così quel richiamo alla libertà che è iscritto nel loro simbolo.
m.teodori@agora.it
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