La grazia ai terroristi divide la Germania

da Berlino

Sono passati trent’anni dagli anni di piombo tedeschi e la Germania si domanda se non sia giunto il momento di voltare pagina e di chiudere uno dei capitoli più nefasti degli ultimi decenni con un atto di clemenza verso gli autori di quelle stragi che sono tuttora incarcerati. Un dibattito che coinvolge tutto il Paese poiché è ancora vivo il ricordo del clima di terrore che i brigatisti della Raf, la Rote Armee Fraktion, seminarono in Germania in quegli anni.
Salvo poche eccezioni la risposta di opinionisti, partiti politici e gente interrogata dai mass media è quasi unanime: sì alla grazia ma a due condizioni: i terroristi devono dichiararsi pentiti e chiedere perdono ai familiari delle vittime. E su questa linea si sta muovendo il presidente della Repubblica, Horst Köhler, cui tocca l’ultima parola. Tramite il proprio portavoce ha fatto sapere che il suo primo atto sarà quello di parlare con le vedove e i figli di chi perse la vita durante gli anni di piombo.
Gli ultimi terroristi ancora dietro le sbarre sono Brigitte Mohnhaupt e Christian Klar condannati rispettivamente a cinque e sei ergastoli per una serie di uccisioni, rapimenti e rapine proletarie nel ’77. Una lunga striscia di sangue che costò la vita a 34 persone tra cui il procuratore generale Sigfried Buback, il banchiere Jürgen Ponto, il presidente della Confindustria Hans-Martin Schleyer ucciso dopo essere stato rapito in un agguato nel centro di Colonia che, secondo alcuni, fu preso a modello dal commando che un anno dopo rapì ed eliminò Aldo Moro.
Entrambi, la Mohnhaupt e Klar, appartenevano alla seconda generazione delle Brigate rosse tedesche, quella subentrata ad Andreas Baader e Ulrich Meinhoff, i fondatori della Raf, suicidatisi nel carcere di Stammheim. Tutti i loro compagni sono usciti di prigione dopo aver ottenuto sconti di pena per aver collaborato con la giustizia. La Mohnhaput e Klar sono invece in prigione da 25 anni, hanno rifiutato qualsiasi collaborazione con le autorità e non hanno mai pronunciato parole che lascino pensare ad un ripudio delle loro scelte di un tempo.
Ed è questo il punto al centro del dibattito. Un solo partito, la Csu, l’ala bavarese della Cdu, è decisamente contraria ad un atto di clemenza. «Sarebbe in ogni caso un segnale sbagliato», ha detto il ministro dell'Interno della Baviera, Jürgen Beckstein. Su posizioni più possibiliste, invece, tutti gli altri partiti favorevoli alla grazia ma subordinata a parole di pentimento e perdono.


Secondo il Pds, il partito più a sinistra, il silenzio dei due terroristi non può automaticamente essere interpretato come un segno che per loro nulla è cambiato ed è un dovere della giustizia accertare quale sia la loro posizione dopo tanti anni di carcere. Ma anche per il Pds pentimento e perdono dei familirai sono la premessa per un atto di clemenza.

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