Il 2024 molto facilmente sarà l'anno decisivo per le sorti della guerra in Ucraina e probabilmente si arriverà a un cessate il fuoco entro l'inverno, forse anche prima di novembre. Le forze ucraine sul fronte terrestre sono ormai stabilmente sulla difensiva e gli unici risultati arrivano dalle azioni dei droni suicidi navali che colpiscono le unità della Flotta russa del Mar Nero.
Sul terreno, infatti, la situazione operativa complessiva suggerisce che la Russia sta sviluppando uno slancio offensivo in tutto il teatro. Questo avrà effetti deleteri sulla potenza di combattimento ucraina impedendo la rotazione, la ricostituzione e la ridistribuzione delle truppe, consumando al contempo le riserve che stanno lentamente diminuendo per le note difficoltà di arruolamento.
Gli obiettivi russi
Nel breve termine (ovvero nei prossimi mesi primaverili ed estivi) è altamente probabile che l'esercito russo progredisca verso i seguenti obiettivi operativi intermedi: sviluppare un'offensiva intorno a Chasiv Yar, Toretsk e Kontyantinivka; attaccare lungo la linea Zherebets-Oskil verso Lyman, per catturare la linea del fiume Donetsk come prerequisito per un'operazione contro Kramatorsk, che è il vero centro nevralgico del Donbass settentrionale; proseguire gli assalti verso Kurakhove in preparazione della liquidazione del saliente di Vuhledar; continuare gli attacchi di fissaggio verso Orikhiv per impedire futuri tentativi ucraini di sfruttare il saliente di Robotyne; infine attaccare ed eliminare la piccola testa di ponte ucraina sulla riva sinistra del fiume Dnepr.
Entrati nel terzo anno di una guerra d'attrito, la capacità russa di adattarsi e di dare fondo alle proprie riserve sta avendo la meglio sul complesso militare ucraino, che senza l'aiuto occidentale sarebbe collassato in poche settimane dall'inizio del conflitto. La Russia procede lentamente ma inesorabilmente la sua force generation mentre l'Ucraina, dopo un 2023 in cui ha saputo sorprendentemente sviluppare un'industria bellica dedicata principalmente ai droni, ora sembra segnare il passo.
La tenuta occidentale
Ci sono segnali che il supporto occidentale all'Ucraina, in particolare quello statunitense, sia destinato a essere ridotto ai minimi termini: in particolare due notizie apparse sulla stampa statunitense, ovvero l'attribuzione del sabotaggio delle linee Nord Stream all'intelligence ucraina e l'ammissione delle difficoltà del governo di Kiev a reclutare uomini, fanno pensare che alla Casa Bianca si stia preparando una strategia d'uscita dal coinvolgimento del conflitto.
Se dovessimo però indicare la causa scatenante di questo scenario verosimile, sarebbe l'insuccesso della controffensiva ucraina della scorsa estate, che ha causato più di un malumore tra le alte sfere militari della Nato. Lo scorso ottobre, l’amministrazione Biden ha chiesto al Congresso 60 miliardi di dollari per finanziare l’assistenza all’Ucraina nella sua guerra contro la Russia e tali aiuti sono stati collegati - e poi scollegati - alle richieste repubblicane di misure per rafforzare la sicurezza al confine tra Stati Uniti e Messico: una mossa dettata dalla propaganda elettorale, ma anche un sintomo dell'insofferenza statunitense verso questo conflitto, che secondo il Pentagono dovrebbe essere gestito maggiormente dagli Alleati europei.
Nelle prime ore del 13 febbraio, il Senato Usa ha votato a favore per approvare l’assistenza all’Ucraina (insieme agli aiuti per Israele e Taiwan per un totale di 95,3 miliardi di dollari), ma il presidente della Camera non ha perso tempo nel respingere il disegno di legge.
I Democratici alla Camera hanno iniziato il processo per cercare di forzare il voto sul pacchetto di aiuti, ricorrendo a una rara tattica parlamentare che potrebbe consentire loro di aggirare la leadership repubblicana, ma il futuro di quest'ultima tranche di finanziamenti appare fosco. Al di qua dell'Atlantico il fronte politico appare molto più coeso, con qualche rara eccezione, ma nonostante questo è l'effettiva capacità di sostenere l'esercito ucraino nel modo in cui vorrebbe Kiev a essere messa in discussione.
Nonostante l’Unione Europea e i singoli stati europei tra gennaio 2022 e luglio 2023 abbiano speso per l’Ucraina più del doppio di quanto hanno investito gli Stati Uniti (rispettivamente 155 e 73 miliardi di dollari) in aiuti economici, è la base industriale militare a faticare a tenere il passo con le richieste ucraine.
Questione di proiettili
Ora sembra che gli Stati Uniti produrranno qualcosa come 500mila proiettili di artiglieria nel 2024, un buon numero considerando lo stato dell’impianto industriale americano e i problemi di carenza di manodopera, mentre l’Unione Europea inizialmente sperava di consegnarne 1 milione su base annua, ma in buona sostanza si parla di molto meno.
L’Europa si trova ad affrontare una serie di problemi, come la carenza di manodopera, i costi energetici esorbitanti e una cultura decisionale guidata dal consenso che è lenta nell’allocare risorse significative. Senza dimenticare che la pratica europea di piazzare piccoli ordini effettuati dai singoli Stati membri ha come effetto la resistenza dei produttori a fare grandi investimenti in nuove linee di produzione.
Al netto della recente notizia che una cordata di Paesi guidati dalla Repubblica Ceca ha affermato di aver trovato i fondi per 800mila proiettili da consegnare nel 2024, ne servirebbero almeno 2milioni per sostenere le difese ucraine da qui sino alla fine dell'anno. Per fare un paragone, stime dell'intelligence estone ritengono che la Russia, quest'anno, nel produrrà 4,5 milioni, sufficienti per sostenere un ritmo di fuoco di 12mila colpi al giorno: gli ucraini ne hanno bisogno, come minimo, di 3600 solo per difendersi. La logica dei numeri è stringente, date le condizioni industriali e politiche delle due sponde dell'Atlantico, e dice che qualsiasi altra operazione offensiva ucraina volta a riprendersi i territori conquistati dai russi è impossibile.
La guerra e la volontà politica
Bisogna poi considerare che il maggior contribuente di armamenti, gli Stati Uniti, è attraversato da una spaccatura politica elettorale in cui i Repubblicani sono palesemente schierati per la fine del supporto a Kiev. Le motivazioni sono diverse: dal ritenere l’Ucraina un Paese che non è di interesse vitale per gli Usa alla corruzione endemica che la attanaglia, senza dimenticare che per lo stesso Pentagono il teatro europeo è secondario rispetto a quello Indo-Pacifico.
Uno scenario vorrebbe la fine del sostegno Usa, e quindi del conflitto, con l'avvento alla Casa Bianca di un presidente Repubblicano, ma esiste un'altra possibilità, altrettanto verosimile, secondo la quale Washington potrebbe cercare di arrivare a un compromesso con la Russia in autunno, ovvero prima delle elezioni presidenziali.
L'ombra di una pace autunnale
Dal punto di vista politico, infatti, è noto che la politica estera statunitense segua un fil rouge indipendentemente dal colore politico dell'inquilino della Casa Bianca e il teatro europeo, sebbene secondario, resta comunque importante per gli Stati Uniti: un'Europa stabile è sicura rientra nel loro interesse nazionale.
La stabilità però potrebbe essere raggiunta con un accomodamento con Mosca prima che la Russia possa mettere in atto il suo piano finale di erosione di ciò che resta del potenziale difensivo ucraino, onde evitare che l'esercito russo possa arrivare sino alle rive dello Dnepr e magari conquistare la parte costiera a ovest di quell'importante corso d'acqua per tagliare fuori Kiev da ogni sbocco al mare, e quindi allontanare la minaccia di possibili basi navali ostili troppo vicine ai propri storici confini una volta per tutte.
Del resto al Cremlino sanno che quel particolare momento dell'anno sarebbe propizio dal punto di vista politico, in particolare quello tra le elezioni e l'insediamento del nuovo presidente che cade proprio in un periodo in cui il gelo invernale favorirebbe le operazioni offensive a fronte di un esercito avversario non in grado di attestarsi su linee fortificate in quanto attualmente non esistono se non in brevi tratti del fronte.
Alla Casa Bianca, pertanto, potrebbero decidere di congelare il conflitto prima dell'autunno in modo da salvare la faccia (così almeno impedirebbero ai russi di ottenere altri territori) e per dare a Mosca l'occasione di uscirne con una “mezza vittoria” spendibile dal punto di vista propagandistico, lasciando la gestione del dopoguerra, molto più difficile e dispendiosa, alla nuova amministrazione.
Soprattutto così facendo, nel
medio/lungo termine, gli Stati Uniti potrebbero cercare di riallacciare i rapporti con la Russia per toglierla dall'abbraccio della Cina, che rappresenta la vera “sfida incalzante” per gli interessi statunitensi.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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