Ora che Luca Coscioni non c'è più non si contano gli attestati di stima, i riconoscimenti della sua battaglia civile e la sua elevazione a esempio morale di rara coerenza. Nell'omaggio postumo al giovane ricercatore si sono trovati d'accordo leader politici e personalità istituzionali d'ogni orientamento. Fino a ieri, però, la battaglia per la libertà di ricerca scientifica combattuta in prima persona da Luca Coscioni e dai suoi amici radicali in suo nome non aveva trovato quell'attenzione che oggi sembra circondare la sua morte.
Lo straordinario significato della breve vita di Coscioni sta tutto nell'avere trasformato una dolorosissima vicenda personale in un caso pubblico e in una lotta dall'alto significato civile. Quando il ricercatore universitario non ancora trentenne fu imprigionato dalla malattia «inguaribile», la sclerosi laterale amiotrofica, scrisse nel diario: «È come se fossi morto. Il deserto è entrato dentro di me, il mio cuore si è fatto di sabbia e credevo che il mio viaggio fosse finito». Ma è proprio da quell'improvvisa sciagura che rinacque un uomo diverso, il combattente per la vita propria ed altrui che si impegnò per esplorare le possibilità di resurrezione e per conquistare ogni possibile speranza per gli ammalati inguaribili.
È questa la battaglia per la ricerca scientifica sulle cellule staminali che trova in Coscioni non solo il simbolo personale ma anche l'intelligente esploratore delle future speranze. La trasformazione dell'ammalato inguaribile in leader civile matura dall'incontro con quella speciale razza politica radicale rappresentata da Marco Pannella ed Emma Bonino. Come già altre volte, i due storici leader radicali sanno che solo la politica che si nutre del vissuto, dei suoi problemi e delle sue angosce è degna di essere praticata fuori dalle sedi delegate e dentro le istituzioni per strappare decisioni e leggi che rispondono anche ai bisogni delle pieghe più nascoste della società.
Il matrimonio tra Coscioni e i radicali produce effetti imprevisti e imprevedibili. Il ricercatore, inchiodato sulla sedia a rotelle e che si esprime a fatica attraverso un sintetizzatore vocale, non si ritrae di fronte ad alcuna nuova frontiera. Candidato per i radicali alle elezioni regionali e nazionali, va al Parlamento europeo dove parla alla commissione sulla genetica umana inserendosi nel grande dibattito sulla clonazione terapeutica e l'utilizzo delle cellule staminali degli embrioni soprannumerari. E mentre tenta personalmente ogni possibile cura con le cellule staminali, dà il suo nome all'associazione che si batte per la libertà di ricerca scientifica e partecipa come può allo scontro politico del 2005 sul referendum sulla procreazione assistita.
Oggi, però, alla morte, non si deve dimenticare che la sua lotta per la vita non è stata rinchiusa in un caparbio fatto personale ma, al contrario, si è fatta messaggio rivolto a tout azimut. Lo hanno riconosciuto alcune decine di premi Nobel che lo hanno esplicitamente sostenuto nell'affermazione del diritto alla ricerca a fini terapeutici.
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