È al gusto di chocolat la magia dell’affascinante cuoca Vianne

Carlo Faricciotti

Lansquenet-sous-Tannes, un paesino della provincia francese, popolato soprattutto di anziani. Martedì grasso di Carnevale. Una giovane donna, vestita con abiti colorati, estrosi, al suo fianco una bambina, piena di curiosità e di allegria, sicuramente straniere. La donna, che si chiama Vianne Rocher, decide, dopo tanti anni di vita randagia, di fermarsi proprio in quel villaggio.
Vianne prende in affitto una vecchia panetteria abbandonata e in pochi giorni quel luogo polveroso subisce, quasi per incanto, una trasformazione. La panetteria polverosa diventa La Céleste Praline, pasticceria dal segreto incanto inaugurata tra la diffidenza di molti, la curiosità di pochi e l'esplicita ostilità del giovane parroco, quello che fin dall'inizio Vianne considera il suo vero nemico, l’Uomo Nero della sua infanzia. Cioccolatini, biscotti, torte, pupazzetti di marzapane, aromi inebrianti e colori vivacissimi: la Céleste Praline è una vera esplosione di allegria e di vitalità, un richiamo al piacere, al più semplice e innocente dei piaceri, quello del dolce sapore della cioccolata, inebriante e afrodisiaco, come sapevano gli Aztechi (che la chiamavano Xocoatl) e come anche Vianne, donna venuta non si sa da dove ma dotata di poteri magici, ben sa.
Un’irruzione, quella di Vianne e di sua figlia, destabilizzante, nel piccolo e perbenista microcosmo di Lansquenet-sous-Tannes, in cui tutti devono muoversi sempre entro i canoni della morale corrente. Tutti tranne alcuni outsider, che trovano nella Céleste Praline la loro oasi felice: un vecchio professore dolce e malinconico con il suo cane malato, la moglie irrequieta e cleptomane del violento proprietario dell’unico bar del villaggio, l’irriverente ed eccentrica signora che, ormai troppo vecchia e troppo intelligente per temere il giudizio altrui, sa prendersi gioco di tutti. Pregiudizi contro libertà, tristezza contro vitalità, rancore contro disponibilità, il dolce sapore della vita contro l’amaro del rancore e del risentimento.
Chocolat di Joanne Harris - in vendita da oggi con il Giornale a 5,90 euro più il costo del quotidiano - è tutto questo e anche di più. Come spiega la stessa Harris (nata il 3 luglio 1964 nello Yorkshire, da padre inglese e madre francese, ha una figlia che si chiama Anouschka come la figlia di Vianne in Chocolat) «Sono convinta che tutti crediamo un po’ alla magia e chi non ci crede si sta davvero perdendo qualcosa di bello e importante. Sono convinta che sia gli uomini sia le donne posseggano doti magiche, ovviamente differenti fra loro. Sono doti che si combinano al meglio quando uomini e donne si uniscono insieme. La stessa cucina che torna tanto spesso nelle mie pagine è per me un’arte magica. È un’arte antichissima che si tramanda di madre in figlia, proprio come un aspetto magico specifico delle donne».
La cucina, sempre secondo la Harris, «è ciò che è sopravvissuto di una lunghissima serie di tradizioni magiche come l’alchimia, per fare un esempio. Tra tutti i riti magici è sopravvissuto proprio questo perché è il meno pericoloso, il più innocuo. La cucina fa parte del nostro passato ed è espressione della nostra identità culturale. Ma c'è un altro aspetto che trovo affascinante nella cucina ed è la trasformazione. Nel senso che ogni ingrediente che passa dalla cucina si trasforma in qualcosa di altro e di differente. È un processo interessantissimo».
Sempre sul tema della cucina e della magia nella famiglia Harris «c’è sempre stata l'abitudine di tramandarsi le ricette da una generazione a quella successiva. E perfino tra i miei parenti che abitavano lontani tra loro c’era l’uso di scambiarsi le ricette attraverso le lettere. Era un modo per rimanere in contatto con i propri affetti e con le proprie radici».


E che per la Harris la cucina e il cibo siano nutrimento per la scrittura lo dimostrano anche i titoli degli altri suoi libri: oltre a Chocolat (1998), Vino, patate e mele rosse (1999, di cui era stata annunciata la trasposizione al cinema, con Hugh Grant nel ruolo del protagonista, progetto poi affondato) e Cinque quarti d'arancia (2000).

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