Guzzetti chiede 500 milioni alle Fondazioni

Bazoli padre nobile dell’iniziativa. L’ostilità di alcuni degli Enti coinvolti

Nicola Porro

da Milano

Tutti e cinque a Milano. Oggi. Ci hanno messo un po’ per trovare una data che andasse bene a tutti. La convocazione, informale, parte da Giuseppe Guzzetti, il potente numero uno della Cariplo e presidente dell’Acri. Intorno al tavolo i suoi omologhi. Ci sarà la Fondazione che guida il Monte dei Paschi di Siena, la Crt e la Fondazione Cariverona che hanno un peso di rilievo in Unicredit, la Compagnia Sanpaolo di Torino e ovviamente il padrone di casa. In comune il peso fondamentale in tre delle grandi banche italiane, un patrimonio libero da far tremare i polsi e la presenza nella Cassa depositi e prestiti. È di questo che Guzzetti vuol parlare. La richiesta, come la convocazione informale, è quella di aprire le casseforti delle Fondazioni e far uscire 100 milioni di euro ad ente da dirottare alla Cdp. O meglio al fondo di investimento in infrastrutture che la Cassa varerà nelle prossime settimane. Guzzetti, un po’ come è avvenuto nel coagulare una pattuglia di azinisti favorevoli all’operazione SanIntesa, in questo caso vuole convincere della bontà del progetto-Cdp le cinque grandi Fondazioni italiane. Da loro dovrebbero dunque arrivare 500 milioni. Altri 300 sono attesi dalle altre Fondazioni, più piccole, già presenti nella Cassa (che è appunto per il 30% controllata dalle Fondazioni e per il resto dal Tesoro). Almeno 500 milioni arriveranno dalla Cdp stessa. E 6-700 dal sistema bancario italiano: lo stesso per inciso controllato dalle Fondazioni. Il tutto farebbe emergere un cifra obiettivo record per l’Italia: un fondo da 2 miliardi.
La lunga mano pubblica sulle infrastrutture italiane: capitali che i privati fanno difficoltà a reperire autonomamente. Ai due miliardi è poi da aggiungere una leva (possibilità di indebitamento) pari ad almeno un altro miliardo. Nonostante il piccolo ritardo di ieri, il vertice Cdp Fondo infrastrutture sembra già delineato. Alla guida della Cassa Alfonso Iozzo, uno dei banchieri più stimati da Piero Fassino e in uscita da SanIntesa. Alla guida operativa del fondo dovrebbe invece arrivare Vito Gamberale.
Un’operazione solo apparentemente tecnica. Essa sembra infatti figlia di un’impostazione chiara e trasparente. Giovanni Bazoli, numero uno della nuova SanIntesa, all’indomani del matrimonio della superbanca ha infatti chiaramente espresso al Corsera il suo progetto: «Usciamo da un’ubriacatura di privato, visto come soluzione taumaturgica di tutti i problemi. La presenza pubblica nell’economia... è invece essenziale per il supporto dello sviluppo. Questo è anche il ruolo di una grande banca... Penso al grave ritardo delle infrastrutture».
Ma tra le Fondazioni inizia a emergere qualche crepa. Intanto la nomina di Iozzo al vertice di Cdp non è stata condivisa. È apparsa dunque una scelta eccessivamente solitaria. I veronesi, guidati da Paolo Biasi, sono rimasti un po’ bruciati dagli investimenti istituzionali del passato. Il più clamoroso quello in Generali, in cui l’ostilità di Mediobanca e Cesare Geronzi impedì a Biasi di riprendersi un seggio in consiglio.

Ma anche la Crt potrebbe avanzare qualche dubbio: viste le sue partecipazioni dirette in infrastrutture come le Autostrade e alcune municipalizzate.
Insomma i primi 500 milioni sono i più difficili. E, nonostante le dichiarazioni ufficiali, questa volta le Fondazioni non hanno intenzione di rilasciare deleghe in bianco.

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