Per i familiari di Bin Laden un rifugio segreto nella Repubblica islamica

Gli iraniani avevano sempre negato, ma in realtà «ospitano» dal 2001 una moglie, sei figli e 11 nipoti di Osama Bin Laden. Lo ha confermato al Times di Londra Omar, il figlio di 29 anni dello sceicco del terrore. Dopo aver rotto con il padre vive in Qatar e lo scorso novembre ha ricevuto una telefonata dai suoi fratelli e sorelle che credeva morti. La prole fantasma di Bin Laden si trova in un compound speciale alle porte di Teheran, sottoposta ad un regime simile agli arresti domiciliari. Ogni tanto i piccoli Bin Laden possono uscire.
Saad, il più «anziano» dei pargoli maschi, è fuggito nel 2008 e gli americani sono convinti di averlo ucciso in Pakistan. La più furba è stata Iman, che oggi dovrebbe avere 17 anni. A fine novembre, in occasione di una libera uscita concessa dai servizi iraniani, si è rifugiata nella sede diplomatica saudita a Teheran.
L’incredibile storia dell’asilo segreto concesso dagli ayatollah ad una fetta della famiglia Bin Laden arriva mentre un libro svela che nel 1996 Osama aveva mancato di un soffio l’uccisione del presidente Usa Bill Clinton durante un viaggio nelle Filippine. La Cia fu avvisata appena in tempo di un ordigno posto lungo il percorso dell’auto presidenziale, che fu cambiato. Dopo l’11 settembre era Bin Laden a temere che la sua prole potesse venir uccisa o catturata. Saad, 20 anni, Ossman, 17, Mohammad, 15, Hamza, 12, Iman, 9 e Bakr, 7, accompagnati da una delle mogli dello sceicco del terrore scappano verso il confine iraniano. Alla frontiera vengono presi in consegna dai Guardiani della Rivoluzione. Gli ayatollah capiscono che un domani la prole può servire come merce di scambio: la famigliola è costretta a vivere in un compound speciale nei dintorni della capitale. Leggono, guardano la tv e si cucinano da soli i pasti. I maschi più grandi, già sposati o in procinto di farlo, aumentano il nucleo familiare. Sembra che oggi del gruppo fantasma facciano parte 11 nipoti del capo di Al Qaida. I contatti con l’esterno sono proibiti, fino alle prime telefonate dello scorso novembre. «Sono pure loro vittime dell’11 settembre. Le colpe dei padri non possono ricadere sui figli» dichiara al Times Omar, il fratello maggiore che abbandonò l’ingombrante genitore negli anni Novanta.
Saad, che oggi avrebbe 28 anni, è fuggito dal compound iraniano nel 2008. Secondo i familiari voleva ritrovare sua madre. Invece l’intelligence occidentale sospettava, da tempo, che fosse coinvolto nella pianificazione di attacchi terroristici in Nord Africa. Diciotto mesi fa un drone americano avrebbe ucciso Saad Bin Laden nelle zone tribali pachistane. Mohammad, secondo i parenti, sarebbe ancora a Teheran, ma ha sposato la figlia dell’egiziano Atef, capo militare di Al Qaida ucciso dagli americani nel 2001. E giurato di vendicare il suocero. Hamza, un altro dei rifugiati in Iran, è ripreso in un video quando da piccolo leggeva poesie-proclami dal seguente tenore: «Avverto l'America che la sua gente dovrà far fronte a terribili conseguenze se cercheranno di prendere mio padre».


L’unica ragazza, Iman, ha fatto la mossa più ardita rifugiandosi nell’ambasciata saudita. Ora vuole raggiungere gli altri familiari, dispersi in Medio Oriente, che hanno preso le distanze dallo sceicco del terrore.
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