I parà in missione per uccidere È la prima volta per gli italiani

I corpi speciali italiani in Afghanistan hanno eliminato un comandante talebano che aveva lanciato una campagna di trappole esplosive contro le truppe internazionali ed afghane. L’obiettivo era catturarlo, perché faceva parte della lista nera della Nato. Il «target», come viene chiamato in gergo deve aver cercato di resistere ed è stato «neutralizzato».
È la prima volta che trapela una notizia del genere riguardante i soldati italiani. Solo da quest’anno i nostri corpi speciali della Task force 45, che opera nell’Afghanistan occidentale, hanno cominciato a dare la caccia ai ricercati. In tutto sono circa un migliaio i comandanti talebani di vari livelli, schedati in una lista segreta della Nato (Joint priority effect list). Ad ogni Task force di corpi speciali vengono assegnati dei «target», contenuti nella lista, da catturare vivi o morti. Negli ultimi sei mesi sono stati almeno quattro gli «obiettivi» eliminati durante i blitz della Task force 45. Gli italiani hanno l’ordine di sparare solo se scoppia un conflitto a fuoco. Gli americani e gli inglesi vanno meno per il sottile e spesso pianificano veri e propri attacchi mirati. Con i velivoli senza pilota, come i Predator Warrior, lanciano un missile sul rifugio del ricercato per incenerirlo.
La notizia dell’ultima operazione italiana è trapelata fra le righe di un comunicato della Nato. Il blitz è avvenuto nella notte fra lunedì e martedì nella città di Farah, il capoluogo dell’omonima provincia. Fonti de il Giornale confermano che è intervenuta la Task unit Alfa, composta dagli alpini paracadutisti del 4° reggimento e gli incursori del 9° reggimento Col Moschin. La costola della Task force 45 dispiegata a Farah, sul fronte più a sud del nostro schieramento. Con loro le unità della polizia e dell’esercito afghano, che affiancano sempre i nostri corpi speciali in questo genere di operazioni.
Il «target» si chiamava Ramatullah «ed era noto per aver pianificato una campagna di attacchi con le Ied (trappole esplosive)». Ordigni sempre più micidiali nascosti ai bordi delle strade e copiati dai terroristi iracheni, che colpiscono i convogli della Nato e degli afghani. In questo genere di operazioni vengono pagati uno o più informatori, ma alla fine è il cosiddetto «uomo del grilletto» che dà la luce verde. Una spia sul posto che segnala grazie al rilevamento satellitare o con una semplice telefonata dal cellulare, quando il ricercato arriva nel suo rifugio. Dall’alto un Predator italiano (aereo senza pilota), che opera disarmato, filma tutto e rilancia le immagini alla sala operativa. Ramatullah deve aver resistito al blitz o tentato la fuga ed «è stato ucciso» come si legge nel comunicato della Nato. Per identificare con certezza il cadavere del ricercato vengono rilevati i dati biometrici e confrontati con quelli in possesso della Nato.
Negli ultimi sei mesi la Task force 45 ha catturato diversi ricercati, ma quattro sono stati «neutralizzati». Poche ore dopo i corpi speciali alleati lanciavano un blitz simile in una serie di compound nella vicina provincia di Kandahar. Anche in questo caso l’obiettivo era smantellare una rete nemica che piazzava trappole esplosive. Sul terreno sono rimasti 25 talebani, compresi due terroristi con il corpetto esplosivo dei kamikaze.
Martedì scorso, sempre a Farah, i soldati italiani sono rimasti coinvolti in nuovi combattimenti. Una compagnia del 187° reggimento paracadutisti è intervenuta a dar man forte ai militari di una base afghana attaccata dai talebani. In un villaggio vicino sono state scoperte oltre 100 bombe e razzi. Ieri si è combattuto anche a Bala Murghab nella zona nord del settore italiano, dove un parà è rimasto lievemente ferito. Unità del 183° reggimento Nembo erano impegnate a snidare sacche di resistenza dei talebani, quando sono state attaccate con armi leggere e razzi controcarro. Nel combattimento è morto un militare afghano e altri quattro sono rimasti feriti. Anche quattro blindati Lince sono rimasti danneggiati.

Il parà è stato medicato sul campo e ha continuato l’operazione. Nell’offensiva contro i talebani i parà sono andati all’assalto più volte con l’appoggio dei mortai e di una coppia di elicotteri d’attacco Mangusta.
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