Che goduria, Flavio Insinna. Chissà perché non entra mai nel borsino degli eredi dei grandi (quelli che non interessano affatto ai grandi ma solo agli eredi). Forse perché non assomiglia a nessuno nel suo essere un sacco di cose. O forse perché è già un grande. Quanto ci piace Flavio Insinna, con quella faccia un po’ da pugile e un po’ da Garbatella, con quella delicatezza che oggi siamo costretti a definire vagamente retrò e che ce lo fa immaginare, la domenica mattina, portare un cabaret di paste all’anziana nonna. Buono nel senso buono, Insinna. Ma anche maschio e ben stropicciato. Uno di quelli dietro ai quali sembra ancora di poter scorgere la convinzione che un uomo non è nulla senza il suo buon nome. Anche mentre cerca di farsene uno.
Che goduria, Flavio Insinna. Quello con cui la mamma ci lasciava andare in motorino a quattordici anni e che adesso è diventato un adulto di buon senso. Ci vuole una dose massiccia di buon senso e di rispetto verso il prossimo per poter condurre un pogramma come La Corrida che Insinna ha ereditato da Gerry Scotti e prima ancora dall’inarrivabile Corrado e che sabato, l’attore romano, ha fatto seguire da 4 milioni 967mila telespettatori (col 21.11% di share), su Canale 5. Facendo vincere ancora una volta la gara degli ascolti all’ammiraglia Mediaset. Normale, per chi si sia preso la briga di sintonizzarsi. Insinna è ironico con garbo, colto con garbo, istrionico con garbo. Ridicolizza ma non umilia, sottolinea ma non carica, ammicca ma non offende. Non fa sfoggio di sè e di tutto ciò che ha dentro ma resta sempre un passo indietro rispetto alla scena, al pubblico, al concorrente. Però lo senti che è lì, c’è sempre e risponde con tutto se stesso. E che quello che dà, non è che l’inzio. Si dosa e non “si vende”. Fa atterrare sul morbido ogni componente di quell’improbabile carrellata umana in cerca di cinque minuti di immeritata, carissima gloria. Ci restituisce il fiato, spezzato dall’apprensione, ogni volta che sul palco arriva qualcuno. Perchè quello che entra dopo è sempre un po’ peggio di quello che è uscito prima e noi temiamo per la crudeltà in agguato. E invece c’è sempre lui a restituire dignità a tutto. A farci pensare che, in fin dei conti, quella signora con la gonna troppo corta e con troppa sabbia nella voce che tenta di imitare Loredana Bertè, forse, alla fine, si è andata a prendere un buon ricordo per gli anni a venire. E che alla fine aveva ragione il suo condominio fatto di tutta quella gente «che insisteva per farmi venire qui stasera» e torto quel suo scettico, ritroso compagno che «mi ha detto che era meglio venissi da sola». Perchè Insinna è molto più rispettoso dei suoi concorrenti di quanto non lo siano i suoi concorrenti nei confronti di loro stessi.
È stato «disegnato» per i ruoli da buoni Flavio, romano, classe 1965. Avrebbe voluto fare il carabiniere, da grande. Poi con l’Arma andò male a lui e bene a noi che oggi dentro alla tv vorremmo vederlo invecchiare. Lui che la tv tutta è in grado di traslocarla in un’altra epoca senza mai essere antico. Che goduria, Flavio Insinna. Alla sua prima esperienza Mediaset dopo anni di fiction e conduzioni Rai, dopo il cinema (tipo Ex di Fausto Brizzi), dopo essere cresciuto per bene. Da Don Matteo a Ho sposato uno sbirro 1 e 2 con noi che, da casa, invidiavamo sua moglie. Per questa edizione della Corrida si è ripreso anche Antonella Elia e le ha ridato una luce che non capiamo più come mai la tv le avesse tolto per troppo tempo. Che oasi di civiltà la tv di Insinna. La tiene su da un sacco di crinali pericolosi con quel corpaccione da amante della pasta più che degli sport. Con questo suo essere un grande in sordina che non entra nel borsino degli eredi dei grandi. Si è preso tempo per la sostanza Insinna. E la sostanza lo ha riempito. Oggi porta in scena tutto quello che ha addosso. Che non è solo mestiere, che non sono solo le amorevoli pastasciutte che lo hanno fatto grande. È soprattutto coscienza. Di sè, del prossimo che maneggia, del mezzo che usa, dell’eredità che si è preso.
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