Bari, toghe corrotte con le cozze

Conclusa l’inchiesta sul giro di sentenze aggiustate. Il pesce non piace solo al sindaco Emiliano: sotto accusa 28 persone, 14 sono giudici di pace

Bari, toghe corrotte con le cozze

Un sistema collaudato per pilotare decisioni, una rete che sfornava sentenze confezionate a tavolino, uno scambio di favori per ottenere vantaggi senza correre il rischio di provvedimenti sgraditi: è questo lo scenario allarmante che emerge da un’inchiesta della procura di Lecce su presunti casi di giustizia inquinata a Bari e provincia che si sarebbero consumati tra il 2006 e il 2008. In tutto gli indagati sono ventotto: sono coinvolti avvocati, intermediari che avevano rapporti con studi legali, un ex giudice, un ex giudice onorario di tribunale e quattordici giudici di pace di cui tre ancora in servizio. E ancora una volta, come accaduto in un’inchiesta barese su rapporti tra imprenditori e politici – anche se in quella circostanza non fu riconosciuto alcun rilievo penale - negli atti riguardanti un terremoto giudiziario che scuote la pescosa Puglia spunta una cassetta di pesce, anzi prodotti ittici: perché un giudice di pace avrebbe ricevuto salmone, aragoste, caviale e champagne in cambio di un provvedimento di favore.

L’inchiesta è condotta dalla procura di Lecce. Gli accertamenti, diretti dal sostituto procuratore Elsa Valeria Mignone, sono conclusi e sono già stati notificati ventotto avvisi di conclusione delle indagini. Le ipotesi di reato, contestate a vario titolo, sono pesantissime: dall’associazione a delinquere all’abuso di ufficio e alla corruzione in atti giudiziari; in un caso viene anche ipotizzata l’aggravante di aver favorito un clan mafioso.

Il fascicolo della procura di Lecce è voluminoso. Gli inquirenti ritengono infatti di aver scoperto numerosi casi di giustizia inquinata che si sarebbero verificati nel corso degli anni. Tra questi c’è la restituzione della patente ad alcuni sorvegliati speciali. Ma non solo. Secondo quanto si sostiene nell’avviso di conclusione delle indagini, un giudice onorario di tribunale avrebbe emesso «provvedimenti di assoluto favore» per compiacere un avvocato ricevendo in cambio bottiglie, aiuti per un trasloco e «provvedimenti di favore a vantaggio di persone di suo interesse». Nel fascicolo ci si sofferma sui rapporti tra giudici di pace e avvocati: in alcune circostanze erano proprio i legali a scrivere le sentenze. Le decisioni aggiustate attraverso questa rete sarebbero centinaia. E alla fine – è l’ipotesi della procura di Lecce – ci guadagnavano tutti: gli avvocati vincevano la causa, i giudici di pace incassavano senza muovere un dito il compenso previsto dalla legge. Dopo la notifica dell’avviso di conclusione delle indagini, alcune delle persone coinvolte hanno chiesto di essere ascoltate. E così scatteranno i primi interrogatori.

Intanto è bufera al palazzo di giustizia di Bari. Il presidente del tribunale, Vito Savino, ha chiesto alla magistratura salentina la trasmissione degli atti per valutare sanzioni disciplinari e la stessa richiesta è stata fatta dal presidente dell’Ordine degli avvocati, Manuel Virgintino.

Quella sulle decisioni dei giudici di pace non è la prima indagine della procura di Lecce sulla

giustizia barese. È ancora aperta un’ampia inchiesta che riguarda la gestione dei fallimenti: per ora sono tre i giudici indagati, e un fascicolo sulla vicenda è stato avviato anche al Consiglio superiore della magistratura.

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