Il Corriere e il libro sugli spioni di don Verzè

Pioggia di intercettazioni in un instant book sul fondatore del San Raffaele: tanto gossip e pochi retroscena

Il Corriere e il libro  sugli spioni di don Verzè

di Il Corriere della Sera rende note le conversazioni private di Don Verzé, il fondatore dell’ospedale San Raffaele, scomparso il 31 dicembre scorso. E lo fa pubblicando un libretto ricavato dalle trascrizioni delle intercettazioni ambientali («cimici» nello studio del sacerdote, tanto per chiarire) autorizzate dai giudici milanesi nel periodo dicembre 2005-settembre 2006. L’iniziativa editoriale, oggi in edicola con il Corriere, ieri ha acceso la curiosità della comunità finanziaria. Perché il quotidiano diretto da De Bortoli ha annunciato l’operazione come rivelatrice, tra l’altro, «di retroscena delle scalate bancarie, intrighi di potere del mondo della finanza, pressioni politiche»; con protagonisti quali l’allora grande capo dei servizi segreti militari Nicolò Pollari, l’ex presidente di Mediobanca e Generali, Cesare Geronzi, il numero uno di Intesa Giovanni Bazoli, l’attuale superministro Corrado Passera, il governatore della Lombardia Roberto Formigoni.
Per questo il Giornale si è procurato il libriccino in anticipo: una tale promessa di notizie non poteva essere trascurata. E l’instant book intitolato I segreti di Don Verzé, 136 pagine, si è rivelato una buona inchiesta da parte dei giornalisti Mario Gerevini e Simona Ravizza che lo hanno scritto. Ma più ricca di gossip che non di retroscena. Ottima operazione di marketing, quindi. Ma non senza qualche interrogativo. Perché non sfugge a nessuno che, al di là di qualche migliaio di euro di ricavi in più, la scelta di un libro anziché l’utilizzo delle pagine del quotidiano (magari in più puntate) ha la sua bella valenza «politica» per il Corriere, controllato da alcuni degli azionisti tirati in ballo dalle intercettazioni: cui prodest?

Non certo alla memoria del sacerdote, grande amico di Silvio Berlusconi, perché il quadro che emerge è quello di un intreccio di rapporti finalizzato, specialmente tramite Pollari, alla protezione di suoi amici, nonché alla ricerca di aiuti per l’ospedale in difficoltà. In questa chiave il libro non giova nemmeno a Formigoni, che in una lettera elenca a Don Verzé tutti i presunti «piaceri» che la Regione avrebbe riservato al San Raffaele. Il che, di conseguenza, non suona come un buon viatico nemmeno per la nuova proprietà che si sta avvicinando all’ospedale milanese finito sull’orlo del fallimento: il gruppo di Giuseppe Rotelli. Il quale, pur fuori dal patto di sindacato che controlla il 63% di Rcs, è il primo azionista privato del Corriere. Ebbene, questo dei rapporti tra Formigoni e il San Raffaele non appare come un approccio simpatizzante nei confronti di Rotelli. E, sia chiaro, non è l’ottima inchiesta giornalistica a finire sotto la lente. Quanto, piuttosto, le modalità utilizzate per renderla pubblica.

Dopodiché, il lato meno ospedaliero e più finanziario delle rivelazioni è soprattutto gossip. Come la certificazione dei noti schieramenti rivelati da Pollari a Don Verzé: da un lato Tremonti, con i sodali Giancarlo Elia Valori e il giudice Achille Toro, a cui si appoggia anche il presidente delle Generali, Antoine Bernheim; dall’altro Geronzi - «difeso» nelle sue diverse vicende giudiziarie (usando la sua terminologia) dallo stesso Pollari - e Gianni Letta.

E nel capitolo più atteso, quello sull’incontro tra Geronzi e Don Verzé del 23 gennaio 2006, il banchiere si limita a dispensare qualche giudizio che diventa, per l’appunto, gossip.

Su Bazoli per esempio, che Geronzi definisce «un uomo di Prodi» e con il quale dice di non andare su nessun altra cosa che non sia il tema bancario. Mentre su Passera, di cui Don Verzé chiede parere a Geronzi, il banchiere è tranchant: «Cultura zero... è un tecnico capace».

Twitter: @emmezak

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