A dire il vero, l'inchiesta denominata «Why not», solennemente bocciata due notti fa dalla Cassazione, un obiettivo lo ha raggiunto: far cadere il governo Prodi. Ma l'inchiesta non stava in piedi.
Nell'indagine avviata per una presunta cattiva gestione di denaro pubblico della Regione Calabria, finirono illegalmente anche delle intercettazioni telefoniche di parlamentari e anche dell'allora ministro della Giustizia, Clemente Mastella, le cui successive dimissioni misero fine all'esecutivo presieduto dal Professore.
L'inchiesta fu condotta con grande spiegamento di mezzi dall'allora pm di assalto, Luigi De Magistris, lanciatosi poi nell'avventura politica. Proprio dal grande risalto scaturito da quella indagine, avviata dalla Procura di Catanzaro, Giggino acquisì una tale notorietà e fama da fustigatore di politici corrotti, da consentirgli di fare un gran balzo dal profondo sud, fino al Parlamento europeo, dove fu eletto nelle liste dell'Italia dei Valori dell'ex collega, Antonio Di Pietro. Poi, addirittura, la vittoria a sindaco di Napoli, con il movimento arancione. Oggi Giggino vive grandi tormenti: il supercampione di legalità è indagato nell'ambito di due indagini avviate dagli ex colleghi della Procura di Napoli e si trova a capo di una giunta che in 2 anni e quattro mesi ha già visto saltare ben 10 assessori su 12.
La Suprema Corte (Sesta sezione penale, presieduta da Nicola Milo) ha definitivamente smontato le tesi accusatorie dell'ex scassatore arancione assolvendo in via definitiva l'ex presidente della Regione Calabria, Agazio Loiero, condannato in appello a un anno di reclusione per abuso di ufficio. Assolto anche il braccio destro di Loiero, Nicola Durante, difeso dall'avvocato Franco Coppi. La sentenza uscita dal Palazzaccio mercoledì notte non lascia spazio a equivoci: i due imputati sono stati assolti «per non avere commesso il fatto». E assolto è stato anche il predecessore di Loiero, Giuseppe Chiaravalloti, per il quale scattò la prescrizione in Appello.
La Cassazione ha stabilito che era «inammissibile» l'appello presentato dall'accusa contro la sua assoluzione «perché il fatto non sussiste». Il processo «Why not» è stato ricco di colpi di scena, è durato 7 anni ma, soprattutto è costato 10 milioni di euro all'Erario. Un processo inutile, con un centinaio di indagati e un sanguinoso scontro tra magistrati, nella fattispecie tra la Procura generale di Catanzaro e la Procura di Salerno che si «contro-sequestravano» i fascicoli.
Poi entrò in scena il Csm che sostituì tutta la catena gerarchica. De Magistris, finito sotto processo disciplinare, gettò via la toga e si autotrasformò in un eroe. Con questa fama di supercampione della legalità ha poi affrontato due campagne elettorali, riuscendo a raccogliere i frutti sperati: Europarlamento prima e sindaco di Napoli poi sbaragliando sia centrosinistra che centrodestra.
Oggi Giggino e il suo consulente informatico, Gioacchino Genchi sono sotto processo per l'acquisizione illecita dei tabulati di Prodi, dell'ex ministro Mastella, dell'ex leader Francesco Rutelli e di un nutrito plotone di parlamentari, le cui posizioni furono poi archiviate.
«La suprema Corte di Cassazione ha posto fine con la più
ampia delle formule, annullamento senza rinvio, a una vicenda processuale nata anni fa per iniziativa del pm di Catanzaro Luigi de Magistris denominata Why not», ha commentato l'ex imputato Loiero.carminespadafora@gmail.com
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