Il suo «evvai» da stadio, alla lettura dell'assoluzione per mafia, è entrato nella storia. Ed è, con le lacrime di ieri, l'emblema del rapporto che c'era tra loro, Giulio&Giulia: lei, Giulia Bongiorno, all'epoca mascotte del collegio difensivo, il mastino che aveva studiato in maniera così maniacale agende, piani di volo, brogliacci, da ridurre in cenere le accuse dei pentiti; lui, Giulio Andreotti, l' imputato modello che l'aveva aiutata a interpretare anche l'appunto più insignificante. Un tandem vincente. Un legame più profondo del rapporto legale-cliente. Non mancava un'udienza importante, l'Andreotti imputato. A Palermo arrivava la sera prima, per non tardare. E in aula ascoltava, prendeva appunti. Sempre presente, pure alle udienze fiume, intervallate dalla pausa pranzo, in una trattoria a due passi dal tribunale. Sempre cortese, anche con i cronisti cui non lesinava aneddoti. Sotto l'occhio vigile di Giulia.
Giulio&Giulia, inseparabili. «È riduttivo pensare a lui come mio cliente ha detto ieri lei, ora avvocato di vip, commossa mi ha dato molto di più. È morta una persona unica, non rara. Solo chi l'ha conosciuto sa quanto valeva».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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