Juve, il sarto Zac pensa a tre vestiti

I bianconeri, di scena oggi a Livorno nell'anticipo, con un nuovo sistema di gioco. Il tecnico: "Tris di moduli per riavere la squadra d’inizio stagione". Melo ai brasiliani: "Mou grande, Ciro senza esperienza"

Juve, il sarto Zac pensa a tre vestiti

La Juve nascosta. Dalla neve che ha imbiancato Torino. E anche da Zaccheroni. Il quale ieri non ha voluto rivelare se stasera, contro il Livorno, virerà sulla tanto amata difesa a tre. O, come preferisce dire lui, «sul centrocampo a quattro»: «I moduli aiutano, ma non ci fanno vincere le partite - ha spiegato ieri Zaccheroni, emulando in questo il suo predecessore Ferrara -. Quelle le porti a casa grazie all'interpretazione di quanto succede in campo. Io provo a dare informazioni chiare ai miei giocatori: il 4-3-1-2 lo conoscono bene, il 3-4-1-2 meno. E su un terzo vestito stiamo già lavorando: lo vedrete più avanti». E sarà il 4-3-3. Numeri che un po’ piacciono e un po’ no: perché, alla fine, se non hai la capacità di buttare la palla dentro o se non hai la gamba per reggere novanta minuti, puoi schierarti come vuoi ma il risultato a casa non lo porti di certo. «Cerchiamo di costruire, non tutto è finalizzato alla partita contro il Livorno. Dobbiamo trovare la strada migliore e poi continuare a percorrerla. Non mi sono dato tempi, semplicemente perché non sono quantificabili: anche il carattere dei singoli incide su un processo di crescita così complesso».

Tanti dubbi di formazione non ce ne possono essere: a centrocampo gli uomini sono contati e il ballottaggio tra Legrottaglie e Grosso si porta dietro la variazione del modulo. Giocasse il primo, sarebbe 3-4-1-2: se invece scenderà in campo il pupillo di Lippi, sarà almeno inizialmente la conferma del rombo. «Cerco di cambiare il meno possibile - è la premessa di Zac - sfruttando le caratteristiche di chi sta meglio. Voglio rimettere ordine e ripristinare le caratteristiche e i comportamenti di inizio stagione. Al momento, la disponibilità dei giocatori è stata totale, come avviene sempre quando c’è un cambio di guida tecnica: dovrò poi essere bravo io a tenere alta la loro soglia di attenzione. Il risultato del campo sarà una conseguenza. Dobbiamo ricompattarci e tornare a essere la Juve di inizio stagione. Faccio un paragone con il ciclismo: se uno sei mesi fa impiegava un certo tempo a coprire una distanza e adesso ci mette il doppio, vuol dire che è andato incontro a qualche difficoltà seria. Il che però non significa che il ragazzo non possa tornare a far segnare il tempo migliore».

Pare facile. Invece hanno chiamato lui perché Ferrara non sapeva più che pesci pigliare, nonostante l’appoggio di tutti. Ma anche su questo sostegno “universale” ci sarebbe da dire vista l’inquietante dichiarazione ai brasiliani di Felipe Melo: «La differenza tra noi e l’Inter? Loro hanno un grande allenatore, noi abbiamo iniziato con un tecnico senza esperienza...».

Riferimenti al passato a parte, Zac ha comunque - e decisamente - voltato pagina: «Sono poco incline a ricevere consigli su come gestire un gruppo: un allenatore deve prendersi la responsabilità di decidere. Non ho mai chiesto a nessuno l'umore dello spogliatoio: devo capirlo io, punto e basta. Se dovessi agire in una direzione su suggerimento di un mio giocatore, perderei completamente la squadra: i giocatori ruffiani non li voglio. E non mi sono mai portato dietro nessuno. Devo prevenire e poi intervenire: tutto qua». Un capo che decide, gli altri che eseguono. Disciplinatamente. Potendo metterci del proprio in uno spartito comunque abbastanza rigido: «Diego, visto il talento di cui dispone, dovrà incidere parecchio sulle nostre fortune: se così non sarà, avrò agito male io. Deve giocare come ha fatto contro la Lazio, prendendo palla dove vuole e puntando la porta il più possibile. Ad Amauri chiedo invece più qualità e meno quantità: lui è un generoso che tende a strafare, ma deve pensare più alle cose utili che al contorno». Sarebbe anche ora che lo capisse: la sua ultima rete risale addirittura al 28 ottobre, 101 giorni fa oggi. Se non è record per uno che gioca centravanti nella Juventus, poco ci manca. A proposito di attaccanti: Iaquinta è di nuovo sparito dai radar, inghiottito dai suoi problemi al ginocchio e magari non solo. «Pensiamo a gettare le basi per costruirci un futuro tranquillo, il resto arriverà». Il tempo scarseggia, ma alternative non ce ne sono. La Juve ha sedici partite e 48 punti a disposizione per infilarsi in Champions League: obiettivo che, se fallito, avrebbe serie ripercussioni anche sul bilancio.

«Ci dobbiamo arrivare e basta - ha detto ieri il presidente Blanc -. Squadra depressa? Direi triste e delusa, visti risultati. Mi aspetto una scossa». Con tanti saluti al progetto, vocabolo che Blanc non pronuncia più da una decina di giorni: magari si è accorto che portava sfortuna.

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