Kabul, italiani sotto attacco per tre giorni

Battesimo del fuoco per i «dimonios» della brigata Sassari schierati in Afghanistan. I «diavoli rossi» hanno combattuto per 72 ore di fila a Bala Murghab, la base avanzata sul fronte nord del nostro contingente in Afghanistan. Contro i talebani sono stati impegnati mortai, elicotteri d'attacco Mangusta e l'appoggio aereo ravvicinato.
Tre giorni di fuoco, dal 27 al 30 dicembre, nella provincia di Badghis, una delle quattro sotto il controllo italiano, dove i talebani non vogliono mollare. «Buongiorno» è il nome in codice dell'operazione lanciata dai fanti del 151° reggimento della Sassari della base avanzata di Bala Murghab. Al loro fianco i soldati afghani e i paracadutisti americani dell'82ª aviotrasportata. Grazie ai rinforzi decisi da Barack Obama sono aumentati a qualche centinaio sul fronte della task force Nord. «Nel corso di un'operazione congiunta per il controllo di alcuni avamposti strategici» le truppe alleate «sono state fatte oggetto di ripetuti attacchi con colpi d'arma da fuoco e di razzi controcarro da parte di oltre 60 insorti» si legge in un comunicato del quartiere generale di Herat, sotto il comando del generale Alessandro Veltri. Nessun ferito fra i nostri soldati né vittime civili. L'obiettivo è sempre lo stesso: garantire la strategica via di comunicazione conosciuta come Ring road, perché si snoda in circolo lungo tutto l'Afghanistan.
I talebani aspettavano i nostri perché non mollano le loro postazioni, spesso trincerate. Non solo: utilizzano i canali di irrigazione della valle come camminamenti per spostarsi e colpire. Gli insorti hanno scatenato un diluvio di fuoco sui blindati Lince. «L'efficacia della reazione, frutto del coordinamento tra le forze in campo si legge nel comunicato - ha consentito di rispondere agli insorti e, grazie a mirate incursioni aeree alleate ed al fuoco delle armi a tiro curvo, garantire in tempi successivi il pieno controllo dell'area». Tradotto dalle regole di linguaggio militare significa che dalla base di Bala Murghab sono stati impegnati i mortai da 120 millimetri, che possono colpire il nemico a dieci chilometri di distanza. «Gli elicotteri Mangusta hanno fornito appoggio all'operazione» conferma da Herat il tenente colonnello Marco Mele, portavoce del contingente. I Mangusta sono la nostra più temibile arma d'attacco aereo. Terrorizzano i talebani con i voli radenti o utilizzando i missili aria terra ed il cannone rotante sul muso dell'elicottero.
La battaglia è durata a fase intermittenti per 72 ore. Le truppe hanno chiesto la cosiddetta Cas, il supporto aereo ravvicinato. I caccia alleati sono stati lanciati sull'obiettivo da Trinity il comando delle operazioni in volo. Da terra gli specialisti dell'acquisizione obiettivi, in contatto radio con i piloti, hanno guidato i bombardamenti mirati sulle postazioni talebane.
L'aspetto interessante è che l'operazione, secondo il comunicato ufficiale, avrebbe «ottenuto il pieno assenso e convinto appoggio dalla comunità afghana del distretto di Murghab». I membri locali del Consiglio di sicurezza «hanno potuto assistere dal posto Comando a ogni istante» della battaglia. Per cercare di conquistare la popolazione i comandanti italiani partecipano alle shure, i consigli degli anziani dei villaggi. Alla fine «l'impegnativa operazione si è conclusa con la neutralizzazione della minaccia».
Non tutto, però, è rose e fiori. La zona orientale di Bala Murghab è quella più infestata dai talebani. I capibastone degli insorti sono comandanti coriacei come mullah Ismail, Jamaluddin e Abdul Rahman. Ogni tanto gli aerei senza pilota degli americani ne uccidono qualcuno. In alcuni casi vengono dati per morti, ma poi rispuntano. Fino alla scorsa estate il governo afghano controllava il bazar di Bala Murghab, ma 750 metri dopo sventolava la bandiera bianca dei fondamentalisti in armi. Non in segno di resa, ma per delimitare la zona sotto loro controllo a Gudham, che si inerpica sulla collina di fronte alla base italiana. Una collina ribattezzata Hamburger ill, a causa dei soldati afghani massacrati nel tentativo di conquistarla.
La bandiera bianca non sventola più, ma i talebani ci sono ancora.

Nei giorni precedenti all'operazione Buongiorno lanciavano colpi di mortaio attorno alla nostra base. Non si sono fermati neppure durante gli onori militari alla salma di un soldato americano ucciso da un soldato afghano nella stessa area una settimana fa.

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