L’effetto Fukushima si è fatto sentire anche sul governo

Caro Granzotto, a proposito della diossina mi consenta di citarle queste righe da un mio articoletto di sei anni fa. «Alcune sostanze, oltre ad avere una dose oltre la quale sono velenose, ne hanno anche una inferiore alla quale esse sono benefiche. Il fenomeno si chiama effetto ormetico. Nel complesso, circa il 10% delle sostanze chimiche studiate dalla tossicologia manifesta ormesi. Una di queste è la tetraclorodibenzo-p-diossina. I cui effetti cancerogeni sul fegato sono noti e assodati, sì, ma non a qualunque dose: gli esperimenti di laboratorio hanno dimostrato una diminuzione di tutti i tipi di cancro con l’aumento della dose sino ad una certa soglia, oltre la quale, aumentando la dose, si osserva l’aumento dei tumori al fegato». A proposito della scadenza del 25º anniversario di Chernobyl (che fu un disastro comunista, non nucleare), ho visto che nel sito del Giornale appare un «confronto» ove si dichiara che «gli esperti si dividono». I «falchi», rappresentati da Bonizzi, dichiarano centinaia di migliaia di morti, e le «colombe», rappresentati da Del Vigo, dichiarerebbero che i morti sarebbero stati «secondo l’Aiea» 4mila. Orbene: non è vero che l’Aiea abbia dichiarato che vi sono stati 4mila morti. (Il rapporto parla di 4mila morti attesi, ma, se per questo, nel 1986 si parlò di 100mila morti attese entro 10 anni). Non è vero che gli esperti sono divisi. Si può tranquillamente dire che quell’evento ha fatto, in 25 anni, meno di 50 morti tra i lavoratori e i soccorritori (questi ultimi inviati al suicidio, senza alcuna ragione, dal cinico regime comunista) e zero morti tra la popolazione. Zero. Non a caso l’Ucraina ha installato 9 nuovi reattori dopo il 1987 (e altri 2 sono in costruzione). E siccome le fuoriuscite radioattive di Fukushima sono state inferiori al 10% di quelle di Chernobyl, zero sono (i giapponesi non sono cinici comunisti e hanno protetto gli addetti) e zero resteranno anche i morti di Fukushima. Buona Pasqua.
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Anche se il governo ha malauguratamente detto addio al nucleare, le sue osservazioni, le sue cifre e i suoi dati, caro professore (voglio ancora una volta ricordare ai lettori che lei, docente universitario, non è uno dei tanti dilettanti che strologano sul nucleare senza averne le competenze) non sono né fuori luogo né fuori tempo massimo. Esse smentiscono infatti la menzogna e dunque la disonestà del ben alimentato pregiudizio antinucleare. Quel pregiudizio che pare proprio stia vincendo la battaglia ingaggiata col giudizio senza prefissi. Ovvero con la verità. Sono convinto che la decisione del governo non ne sia stata influenzata, ma che si sia voluto approfittare dell’isterico quanto vano allarmismo per l’incidente di Fukushima per togliere dal (magro) bilancio un capitolo di spesa e rinviare lo scontro con le falangi antinucleariste mentre infuria quello con l’orda giustizialista e manettara. In ogni modo è fatta: il proposito di ridare il via al nucleare civile è archiviato. Sa cosa le dico, caro professore? Non me ne importa un fico secco. Se quello è il futuro cui ambiscono i miei connazionali, il futuro dei loro figli e nipoti così minacciato da quanti lo vogliono negare o scippare, ebbene sia.

Se sono convinti che in un prossimo futuro ci si potrà muovere in treno, in aereo o in automobile e riscaldarsi d’inverno e rinfrescarsi d’estate e illuminare la casa e accendere la tivvù e chattare con Facebook e prendere l’ascensore, che l’industria continuerà a produrre a forza di pannelli solari e pale eoliche, amen. Contenti loro contenti tutti. Siccome ho l’età che ho, non potrò godermi il nuovo mondo che va avanti a forza di energie alternative e verdi. Ma non me ne cruccio, caro professore proprio no.
Paolo Granzotto

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