L’incognita Bertolucci sulla commissione Oscar

da Roma

Per ora è solo una voce, non confermata, e anzi smentita (ma a bassa voce). Eppure i bene informati insistono: di fronte alla bagarre sviluppatasi intorno alla supercommissione creata dall’Anica per designare entro il 3 ottobre il film italiano da spedire all'Oscar (nella speranza che finisca nella cinquina), Bernardo Bertolucci avrebbe espresso l’intenzione di mollare o, quanto meno, di esigere alcune garanzie. Il regista del multi oscarizzato L’ultimo imperatore è, insieme a Dante Ferretti, Vincenzo Cerami ed Enrico Vanzina, uno dei quattro artisti super partes inserito nel consesso formato da 17 esponenti del cinema nazionale, per lo più produttori aderenti all’Api e all’Unpf.
La commissione ristretta, che sostituisce da quest’anno i mille giurati del premio David di Donatello, sembrava l’uovo di Colombo, il modo migliore per arrivare velocemente a una designazione in grado di mettere d'accordo tutti, sulla base di una rigorosa ricognizione tecnica (non si tratta di scegliere il film più bello, ma quello con più chance). Ma nessuno all’Anica aveva fatto i conti con il temperamento fumantino di Roberto Faenza, il quale, gridando con qualche eccesso verbale al «conflitto di interessi» (quattro dei produttori hanno film in gara), di fatto ha azzoppato la commissione.


Come finirà? Lunedì prossimo gli esperti cominceranno a vedere i film in lizza, una decina, intorno al 30 prenderanno una decisione. Sempre che Bertolucci, poco entusiasta della piega presa dalla faccenda, non faccia un passo indietro. In quel caso l’intero castello potrebbe crollare.

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