L’Italia dei tartassati: peggio di noi solo 4 Paesi europei

Italiani sempre più «tartassati»: nel 2009 il peso del fisco sul prodotto interno lordo è stato del 43,2%. L’Italia scala così la classifica europea della pressione fiscale e si colloca al quinto posto - insieme alla Francia e dopo Danimarca, Svezia, Belgio e Austria -, mentre nel 2008 era al settimo. É il dato peggiore dal 1997, l’anno dell’Eurotassa.
Un risultato legato soprattutto a «una riduzione del Pil superiore a quella registrata dal gettito fiscale e parafiscale - spiega l’Istat - la cui dinamica negativa (-2,3%) è stata attenuata da quella, in forte aumento, delle imposte di carattere straordinario (imposte in conto capitale), cresciute in valore assoluto di quasi 12 miliardi di euro». Fra le imposte straordinarie sono classificati i prelievi operati in base al cosiddetto «scudo fiscale», per un importo di circa 5 miliardi di euro, e i versamenti una tantum dell'imposta sostitutiva dei tributi, che hanno interessato in particolare il settore bancario.
Scudo a parte, in Italia nel 2009 la maggior parte delle voci del prelievo fiscale presenta un calo: le imposte indirette sono diminuite del 4,2% (dopo aver già perso il 4,9 nel 2008), le imposte dirette del 7,1% e i contributi sociali effettivi dello 0,5%. La flessione delle imposte dirette è dovuta essenzialmente al calo del gettito Ires (-23,1%), mentre le imposte indirette hanno risentito delle diminuzioni di Iva (-6,7%) e Irap (-13%). Molto inferiore, invece, il calo dei contributi sociali effettivi, il cui andamento riflette la tenuta delle retribuzioni lorde, dovuta alla lieve crescita dell'importo medio pro-capite, che ha parzialmente compensato la flessione dell'occupazione.
I commercialisti rincarano la dose: per loro l’Italia non è «nè quinta, nè settima, ma sempre e invariabilmente prima o quanto meno sul podio» per pressione fiscale. «Quello del 2009 è un record negativo assoluto», sostengono: lo scorso anno, infatti, per l’ufficio studi del Consiglio dei commercialisti la pressione fiscale reale era al 51,6% - «un record negativo assoluto» - rispetto al 50,8% nel 2008. «Questo perchè la componente di economia sommersa stimata in Italia è percentualmente più rilevante di quella di tutti gli altri Paesi europei, esclusa la sola Grecia», conclude il presidente Claudio Siciliotti.
Anche la Cgia di Mestre insiste sul peso dell’economia sommersa, che porterebbe nel 2009 la pressione fiscale «reale» attorno al 52%. «Se storniamo dalla ricchezza prodotta la quota addebitabile al sommerso economico il Pil diminuisce (quindi si «contrae» anche il denominatore) e, pertanto, aumenta il risultato che emerge dal rapporto. Ovvero, la pressione fiscale», sostengono gli artigiani di Mestre. Preoccupata la reazione di Confindustria: «La pressione fiscale è un problema di cui parliamo da sempre. Oggi è ai massimi, è un problema per la crescita», commenta Emma Marcegaglia. «Da tempo - ricorda la presidente degli industriali - stiamo chiedendo al ministro Tremonti che apra un tavolo sul fisco, come promesso».

E per l’Eurostat, l’Italia si conferma prima nella classifica dei paesi Ue per il carico fiscale sul lavoro nel 2008, pari al 42,8% del reddito da lavoro (nel 2007 era stato del 42,6%), di gran lunga maggiore rispetto a quello della media Ue, pari al 34,2%. In Italia, in compenso, le tasse sui consumi sono tra le più basse (16,4% contro media Ue del 20,8%).

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